Costerà poco più di trenta milioni di euro la missione militare italiana nel Sahel. Cifra utile a mantenere in Niger fino al prossimo 30 settembre un contingente che, una volta a regime, potrà contare su 470 uomini, 130 mezzi terrestri e due aerei.

La cifra è contenuta nella delibera inviata nei giorni scorsi dal governo al parlamento e che sarà discussa a partire dalla prossima settimana dalle commissioni congiunte Esteri e Difesa di Camera e Senato. Salvo sorprese la missione non dovrebbe incontrare ostacoli visto che oltre a Pd e Ap anche Forza Italia si è detta favorevole alla nuova impresa africana, come ha confermato lo stesso Silvio Berlusconi.

Nel presentare la missione al termine dell’ultimo consiglio dei ministri, il premier Paolo Gentiloni ha spiegato come l’impegno italiano sia stato richiesto lo scorso 1 novembre dal governo nigerino. L’obiettivo, ha spiegato il premier, è quello di «consolidare quel Paese, contrastare il traffico di esseri umani ed il terrorismo». Obiettivi da conseguire – è spiegato ora nella delibera – addestrando la forze nigerine e in particolare esercito, gendarmeria nazionale, Guardia nazionale e forze speciali nelle attività di «contrasto del fenomeno dei traffici illegali e delle minacce alla sicurezza», ma anche nell’incrementare la sorveglianza delle frontiere e concorrere allo «sviluppo della componente aerea della Repubblica del Niger».

Scopo principale della missione sarà comunque quello di rendere sempre più difficile il passaggio delle carovane di migranti che cercano di arrivare in Europa, aiutando le forze nigerine a rafforzare ulteriormente la sorveglianza del confine con la Libia.

L’arrivo dei militari italiani sarà scadenzato nel tempo. Una volta ottenuto il via libera dal parlamento partiranno 120 uomini per il primo semestre per arrivare a 470 entro la fine dell’anno. Per quanto riguarda mezzi e rifornimenti, come punto di imbarco e sbarco è stato individuato il porto di Cotonou, nella repubblica del Benin, a più di mille chilometri di distanza dalla capitale del Niger Niamey, ma altre vie di comunicazione potranno passare anche dalla Nigeria.

A essere coinvolta sarà anche la Mauritania, altro Paese dell’area Sahel. Un team di addestratori opererà presso il Defense College della Nato, mentre tra gli altri specialisti che saranno presenti in Niger figurano medici, personale del genio per lavori infrastrutturali, una squadra addetta alle rilevazioni contro le minacce chimiche-biologiche-radiologiche-nucleari (Cbrn), un forza di protezione e un’unità di racconta informativa, sorveglianza e ricognizione a supporto delle operazioni.

Gentiloni aveva spiegato come i soldati dovranno svolgere attività di contrasto al terrorismo ma visto il ridotto numero di uomini impiegati molti esperti ritengano che, a parte le attività di addestramento, i soldati italiani verranno utilizzati soprattutto per proteggere e gestire la base operativa che troverà posto probabilmente nell’aeroporto di Niamey. Non è escluso, però, che il primo invio serva a impostare la presenza militare italiana nel Paese, rimandando al prossimo governo il compito di decidere eventuali compiti operativi.

Una cosa è invece sicura: i finanziamenti per la missione ci sono solo fino a settembre, poi occorrerà trovare altri fondi. A spiegarlo è una circolare del ministero dell’Economia datata 28 dicembre che avverte come i nuovi impegni che si aggiungono a quelli già in corso (oltre a Niger anche Tunisia e Libia, per complessivi 125 milioni di euro circa) fanno salire le spese per le missioni a 1.504 milioni di euro contro i 1.427 del 2017. Spese che è possibile coprire per i primi nove mesi dell’anno dopo i quali, spiega il ministero di via Venti Settembre, serviranno «ulteriori 491 milioni di euro». Salvo, è la conclusione, drastici tagli al budget.