La preghiera musulmana negli spazi dell’università potrebbe segnare una svolta e creare una spaccatura nell’intifada studentesca di Torino. Al Politecnico il rito del venerdì, andato invece in scena la scorsa settimana a Palazzo Nuovo (sede delle facoltà umanistiche) con una preghiera di quaranta minuti condotta da Brahim Baya, non c’è stato. Ieri mattina Baya, imam per l’occasione, non di professione, è stato convocato in questura per una diffida alla manifestazione, appunto la preghiera, e indicato come organizzatore. Questo avevano auspicato il rettore del Politecnico Stefano Paolo Corgnati e la ministra dell’istruzione Anna Maria Bernini, dopo i fatti di venerdì 17 maggio e il video del sermone nell’ingresso dell’università che tante polemiche ha scatenato. Tutto in difesa della laicità dell’università.

Ed è proprio su questo che si sta insinuando la divisione tra le fila della protesta in appoggio del popolo palestinese e la richiesta di sospensione dell’accordo di cooperazione scientifica con Tel Aviv. O per lo meno tra gli studenti, o una parte di loro, e il mondo esterno.

È di ieri sera il comunicato di Torino per Gaza, uno dei principali gruppi dell’occupazione delle università torinesi, che difende l’iniziativa della preghiera e attacca rettori, giornalisti e la ministra Bernini. Tutto si gioca proprio sulla laicità e il significato che gli studenti vogliono darle. Si legge: “Non si può, ed è formalmente errato, utilizzare il concetto di “laicità” per contestare e impedire la libertà di fede e di culto negli spazi pubblici. La possibilità di poter praticare un momento di preghiera, a prescindere dalla confessione religiosa, è ciò che è permesso e garantito da un’istituzione pubblica, laica e libera. Ciò che l’università italiana afferma di essere”. In tarda serata, comunicati anche di Intifada studentesca (Palazzo Nuovo) e Polito for Palestine.

Indignazione e accuse di islamofobia e razzismo aprono il duro comunicato che, va detto, non è comunque condiviso da tutti gli studenti, anche all’interno dello stesso gruppo studentesco, come confermano al manifesto alcune fonti. Sulla stessa riga era stato in mattinata Baya, che si era allontanato dall’aula magna del Politecnico affermando che era uno scandalo vietare per decreto una preghiera, e aggiungendo che «se ci fosse una stanza del silenzio, come per l’università di Firenze, uno spazio laico, noi saremmo andati lì a pregare. Spazi che ci sono nelle carceri, negli ospedali e negli aeroporti, ma non nelle università», ha ricordato Baya, aggiungendo che i musulmani oggi non hanno un accordo sui luoghi di preghiera.

Infine sono poi i docenti, moltissimi di quelli di Unito dal giorno zero appoggiano tutte le azioni degli occupanti, ma ora stanno facendo passi indietro uno ad uno. «La laicità dello spazio pubblico, e fra questo, in specie, dei luoghi di istruzione, è un assunto imprescindibile, come lo è la separazione fra sfera politica e sfera religiosa. Lo è in ogni caso, sempre», spiega la docente di diritto costituzionale Alessandra Algostino, facente parte il Cordinamento Antifascista Torinese composto da docenti ma anche studenti (che però ancora non si è espresso anche perché «un comunicato a firma collettiva richiede il tempo di un confronto»). «L’appoggio è al popolo palestinese sotto i bombardamenti israeliani e discriminato da anni di politiche coloniali e di apartheid, in quanto tale: è una questione politica e umana, giuridica aggiungerei, non certo religiosa», ha concluso. Una posizione condivisa da varie parti delle componenti universitarie attive nelle mobilitazioni per la Palestina che ricordano le tante battaglie per impedire l’ingerenza cattolica sull’università.

Le prossime ore diranno quanto profonda è la spaccatura sotto la bandiera della laicità e se ci saranno tentativi di replica delle preghiere.