Donald Trump è stato escluso dal voto in Colorado come candidato delle primarie. A deciderlo é stata la Corte Suprema dello stato che con un voto 4-3, lo ha decretato “ineleggibile”.

Le ragioni di questa sentenza arrivano da lontano e affondano le radici in un emendamento, il 14°, proposto il 13 giugno 1866 e inserito nella Costituzione il 9 luglio 1868, per impedire ai sudisti che avevano preso parte alla Guerra Civile di ricoprire cariche elettive federali.

Il 14° emendamento riguarda i diritti di cittadinanza e la pari tutela delle leggi, ma nella terza sezione si afferma che i funzionari pubblici che hanno giurato di sostenere la Costituzione, sono banditi da futuri incarichi, se coinvolti in una “insurrezione” o in una “rivolta”; per aver partecipato all’insurrezione del 6 gennaio 2021, Donald Trump non può quindi candidarsi alle primarie presidenziali dello Stato.

FINORA questo emendamento é stato applicato solo due volte dal 1919, ma Trump é riuscito a stabilire un altro record personale: questa è la prima volta nella storia americana che il 14° emendamento viene applicato a un candidato presidenziale per escluderlo dal ballottaggio.

Steven Cheung, portavoce della campagna elettorale di Trump, ha subito annunciato il ricorso alla Corte Suprema federale, e ha definito la decisione dei giudici del Colorado «sbagliata e antidemocratica». Dal canto suo Trump ha scritto su Truth Social per attaccare il procuratore che guida le inchieste federali legate all’insurrezione, Jake Smith, che avrebbe l’obiettivo di «metterlo in prigione», ma non ha nemmeno menzionato il Colorado, sottolineando in questo modo che in realtà in gioco non c’è uno stato dove nelle ultime 4 elezioni i democratici hanno vinto senza problemi, ma che il contenzioso in Colorado è un banco di prova di un tentativo ben più ampio di squalificare Trump dalle elezioni per la presidenza.

La sentenza é arrivata mentre anche i Segretari di Stato di Nevada, Michigan, Arizona e New Hampshire stanno esaminando la situazione per valutare se escludere o meno Trump dalle primarie nei loro stati, in base allo stesso emendamento. Con ogni probabilità, una sentenza dopo l’altra e un ricorso dopo l’altro, alla fine il caso verrà affrontato dalla Corte Suprema federale che ha una maggioranza conservatrice eletta da Trump, ma che, nonostante la pendenza a destra, non ha supportato The Donald nei ricorsi sull’elezione del 2020.

DI CERTO un conto è non legittimare un’enormità come il sostenere una vittoria elettorale mai avvenuta, e un’altra è deliberare per escludere Trump dalla corsa alla Casa Bianca, ma va notato che la sentenza del Colorado non è lontana dalle posizioni dei giudici più conservatori, che si definiscono “costituzionalisti”.

«DONALD TRUMP non può essere candidato a presidente, a meno che due terzi del Congresso non decidano di concedergli la grazia per la sua condotta il 6 gennaio», ha sintetizzato il giurista Michael Stokes Paulsen in un articolo scritto con il collega William Baude. I due giuristi hanno legami con la Federalist Society, un think tank conservatore la cui filosofia si basa sull’interpretazione originalista e fedelmente testuale della costituzione americana, così come sostengono di fare i Supremes vicini a Trump. L’articolo è frutto di un anno di ricerche, e cita «prove abbondanti»: Trump è stato coinvolto in un’insurrezione per ribaltare l’esito elettorale del 2020, è responsabile di tentativi di cambiare i risultati elettorali usando frodi e intimidazioni, non ha adempiuto i suoi doveri presidenziali durante gli assalti al Campidoglio, e ha fatto pressioni sul vicepresidente Pence affinché violasse la costituzione.

ORA LA SENTENZA del Colorado è sospesa fino al 4 gennaio, in modo da dare a Trump il tempo di ricorrere alla Corte Suprema federale, ma sembra chiaro che le cause sulla questione saranno inevitabili e verranno portate avanti non solo da individui, ma anche da gruppi. Due di questi, il Citizens for Responsibility and Ethics (Crew) e il Free Speech for People (Fsep), hanno già in programmando di avviare cause in più Stati contemporaneamente per sfidare l’eleggibilità di Trump, dicendosi preoccupati di difendere la costituzione che Trump, da presidente e da ex presidente, ha già scosso «con parole e azioni fuori dalle righe».