È stato un uomo delle Istituzioni del Novecento e un socialista lombardiano severo, sebbene meno incline al riformismo rivoluzionario di Riccardo Lombardi. Con il manifesto aveva un rapporto “paternalistico”, mentre con Parlato e Galapagos intercorreva ogni tanto un austero scambio epistolare; poche parole, mai una parola in più del necessario. In realtà, tutte le comunicazioni del Cavaliere del Lavoro Nerio Nesi, era molto orgoglioso di questa onorificenza, erano essenziali; un bel problema per chi lavorava con lui.

Questo stile comunicativo era, probabilmente, figlio della sua laurea in giurisprudenza e della sua idea delle istituzioni che non dovevano mai precipitare nella retorica. Nerio Nesi aveva un’altra caratteristica tipica della classe dirigente del Novecento: si circondava di persone “perbene”, mutuata da Sylos Labini e Alessandro Roncaglia, e li ascoltava; poi decideva. Non ha mai avuto la presunzione dell’onniscienza. Sapeva bene quanto fosse difficile comprendere i fenomeni economici e sociali.

Negli anni della legislatura 1996-2001, l’Ufficio della Presidenza della Commissione Industria della Camera era frequentato da non poche persone, ma quelle importanti con cui si analizzavano certi provvedimenti erano pochissime. Tra questi ricordo affettuosamente Sergio Ferrari e Felice Roberto Pizzuti. Quando è diventato Ministro dei Lavori Pubblici (2000-2001) non ha cambiato abitudini; non è riuscito a fare molto, ma erano tempi difficili per tutti. Sebbene abbia militato con alterne fortune nella Dc, nel Psi e poi in Rifondazione Comunista, è rimasto per tutta la vita legato a Riccardo Lombardi, in particolare alla idea delle riforme di struttura e alla necessità di cambiare il motore della macchina senza fermarla.

Sebbene trovasse insopportabile le privatizzazioni delle società pubbliche intercorse tra il 1996 e il 2001, quante discussioni e amarezza emergeva dalla sua mai giovane faccia, sentiva come inaudito l’assenza di una Banca Pubblica nel panorama economico nazionale. La Banca Nazionale del Lavoro (1978-1989), forse l’esperienza che più di altre l’aveva coinvolto, lo aveva plasmato e maturato nel delicato mondo della finanza, senza che ciò oscurasse la natura socialista della finanza. Nerio Nesi, infatti, difese una delle più importanti riviste di riflessione economica nazionale, Moneta&Credito, così come la stessa Banca dallo scandolo di Atlanta, che non proprio tutti volevano sistemare.

Nerio Nesi era orgoglioso di un’altra grande e importante onorificenza: cavaliere di gran croce dell’ordine di Isabella la Cattolica spagnola; durante la dittatura fascista vi si recava clandestinamente per aiutare gli oppositori al regime di Franco; ci voleva molto coraggio.

L’esperienza in Olivetti come direttore dei servizi finanziari (1958-1970) ha fortificato la sua idea di una società e di un capitalismo perbene. Parlava poco di quella esperienza, come se fosse stata tradita una idea. Leggevo nelle sue espressioni facciali una sorta di sconfitta che andava ben oltre Olivetti. Gli ultimi anni della sua vita sono stati quelli culturalmente più liberi e rispecchiano bene la sua idea di società e istituzione. È stato presidente della Fondazione Cavour, della Associazione nazionale Riccardo Lombardi e consigliere della Fondazione della Bnl Gruppo Bnp Paribas.

Nerio Nesi era figlio del Novecento. Aveva una idea alta delle istituzioni e, soprattutto, sapeva circondarsi di persone perbene perché nessuno poteva in autonomia comprendere l’evoluzione della società. Un piccolo lascito, purtroppo lontano nel tempo.