Con le manifestazioni di protesta che avevano fatto seguito all’aggressione brutale subita da Théo, un giovane di 22 anni, ad opera di alcuni agenti di polizia durante un controllo nella periferia parigina di Aulnay-sous-Bois, all’inizio di febbraio, la banlieue era entrata nella campagna elettorale. Poi, mentre ci si avvicinava al voto, sulle periferie è calato progressivamente il silenzio.

I due candidati favoriti, Macron e Le Pen si sono accontentati rispettivamente di annunciare nuove norme in favore delle startup che saranno create nei «quartieri difficili», con il sostegno della ong Positive Planet fondata dal mentore dell’ex ministro dell’economia, Jacques Attali, e lanciare una petizione intitolata «Je soutiens la police», in favore «degli uomini in divisa e per il ristabilimento della sicurezza e dell’ordine pubblico», dopo che la rabbia per il trattamento inflitto a Théo si era trasformata in incidenti tra giovani e poliziotti.

Non è perciò così sorprendente che il primo turno delle elezioni presidenziali non abbia visto una mobilitazione particolare dei circa 9 milioni di francesi che vivono nei quartieri popolari costruiti a partire dagli anni Sessanta spesso addirittura a decine di chilometri dei vecchi centri cittadini. Il mondo delle banlieue ha risposto con una certa dose di rassegnazione all’appello delle urne facendo registrare percentuali di astensione tra i 5 e 10 punti superiori alla media nazionale, fissata intorno al 22%. Ciononostante, dalle periferie è arrivato anche qualche segnale politico significativo.

Se nella rappresentazione binaria della Francia uscita dal primo turno emerge come Emmanuel Macron abbia conquistato soprattutto i centri urbani e il ceto medio, mentre Marine Le Pen si è radicata nelle aree rurali ed extra-urbane e tra i più poveri, il voto delle banlieue fotografa una terza geografia sociale del paese.

A raccogliere il maggior numero dei consensi è stato infatti Jean-Luc Mélenchon, il leader del movimento della France insoumise che ha raccolto il voto comunista ma ha anche pescato, e in modo molto consistente, nell’elettorato del Ps e nell’astensione. E perfino il candidato uscito dalle primarie socialiste, Benoît Hamon, nelle banlieue ha raccolto tra i 3 e 5 punti percentuali in più rispetto alla media nazionale. Quanto a Macron, registra degli ottimi risultati, anche se talvolta al di sotto delle attese. In ogni caso, la gauche resta largamente maggioritaria tra gli elettori dei palazzoni di periferia, dove il Front National è presente, anche se non riesce a sfondare.

Indicativo, da questo punto di vista, il voto del dipartimento della Seine-Saint-Denis, la grande banlieue che domina Parigi dal nord del boulevard périphérique e dove vivono oltre 1 milione e mezzo di persone. A fronte di un tasso di astensione che ha sfiorato il 28%, in quartieri spesso definiti «caldi» nelle cronache dei media, zone come Montfermeil, Bobigny, Saint-Ouen, Aulnay-sous-Bois, Blanc-Mesnil, La Courneuve, Clichy-sous-Bois e Aubervilliers, Mélenchon ha raccolto il 34% dei consensi, seguito da Macron al 24% e da Le Pen al 14%. In alcune zone, la presidente del Front National arriva però subito dietro il leader della France insoumise, come a Montfermeil, dove in occasione delle scorse regionali il partito di estrema destra aveva ottenuto il 49%, e dove domenica scorsa Mélenchon ha preso il 27,8% e Le Pen il 22,1%.

Perciò, seppure con qualche esitazione, il Fn si consolida nelle banlieue, soprattutto se si confrontano questi dati con il risultato di Parigi città, dove Le Pen non ha invece superato il 5%.

«Più ci si allontana dai maggiori centri urbani dove vivono le classi medio-alte, come nella capitale francese, e più il voto si polarizza», suggerisce infatti il geografo Jacques Lévy. Macron vince in centro, Mélenchon soprattutto nella ex banlieue rouge dove esiste ancora un circuito sociale e politico attivo e Le Pen in quei “non luoghi” di periferia, talvolta di nuova vocazione residenziale, che annunciano già gli spazi indistinti tra campagna e città, e un senso generale di incertezza. Le parole dedicate dal Front National agli abitanti di questi quartieri, tramite il comitato Banlieue Patriote sorto alla vigilia del voto, riguardavano del resto solo il ripristino dell’autorità e dell’ordine.