Il mondo intero ha visto i talebani festeggiare la presa di Kabul, e la rovinosa ritirata statunitense dall’aeroporto, imbracciando armi americane, con indosso le loro divise, a bordo dei loro mezzi blindati. Una quantità di armi lasciate indietro dall’esercito, ora in mano agli studenti coranici, su cui ancora deve essere fatta chiarezza. Ma a venire lasciata indietro è anche un’arma immateriale ancora più potente di missili o droni: i dispositivi e i database per la raccolta e la catalogazione dei dati biometrici della popolazione.

NOMI E COGNOMI, impieghi, connessioni familiari, appartenenza etnica, impronte digitali, scansioni dell’iride che se la «strategia della distensione» annunciata dai turbanti neri fosse nient’altro che una facciata – come è lecito a questo punto supporre – potrebbe portarli con poco sforzo alle persone che hanno collaborato con le forze occidentali, o lavorato per il governo.

A tre giorni dalla caduta di Kabul, il 18 agosto, delle fonti dell’esercito statunitense confermano a The Intercept che durante l’offensiva i talebani si sono impossessati dei dispositivi HIIDE (Handheld Interagency Identity Detection Equipment), in uso alle forze armate americane per operazioni militari, e collegate al database ABIS, custodito al Dipartimento della Difesa e con cui, come spiega la giornalista investigativa Annie Jacobsen, venivano identificati gli obiettivi degli attacchi condotti con i droni.

IL SUO SCOPO, all’inizio, è puramente militare: stabilire l’identity dominance (dominio sull’identità) statunitense nel Paese centroasiatico avrebbe consentito agli Usa un vantaggio strategico nei confronti del nemico: prevenire gli attacchi all’esercito, ottenere una preziosa intelligence sui suoi piani e spostamenti.
Ciò che presto appare chiaro però è che HIIDE e gli altri device in dotazione all’esercito rappresentano in un certo senso l’ultimo dei problemi per i cittadini afghani che non sono riusciti a imbarcarsi sui voli diretti fuori dal Paese. Con la loro inchiesta pubblicata il 30 agosto per la MIT Technology Review, Eileen Guo (vedi intervista sotto) e Hikmat Noori hanno infatti chiarito che il vero pericolo è rappresentato dai database biometrici – quelli che gli Stati uniti hanno sviluppato in collaborazione con il governo afghano per scopi civili: il censimento, la lotta alle truffe come gli «stipendi fantasma» destinati a inesistenti membri dell’esercito e la polizia, la gestione di processi democratici come il voto.

A differenza del database a cui ha (limitato) accesso HIIDE, protetto dal Dipartimento di Stato Usa, questi sono database afghani, custoditi nei vari ministeri di Kabul, con ogni probabilità a portata di mano per coloro che oggi esercitano il potere.

L’INFLUENZA STATUNITENSE sulla loro creazione e gestione – sulla elaborazione fuori dai propri confini di un esperimento di sorveglianza e controllo totale – è evidente dalle decine di acronimi militari fra cui bisogna districarsi per comprendere quanti dati, e soprattutto di che entità, sono ora a disposizione dei talebani.
Due in particolare si impongono all’attenzione: APPS (l’Afghan Personnel and Pay System), in dotazione al Ministero dell’interno e a quello della difesa per pagare gli stipendi di esercito e polizia, e la versione afghana di ABIS: AABIS (Afghan Automatic Biometric Identification System), a disposizione del Ministero della difesa e che mirava a raccogliere, secondo Jacobsen, i dati biometrici relativi all’80% della popolazione afghana. Nel suo libro First Platoon: A Story of Modern War in the Age of Identity Dominance (2020), Jacobsen spiega che la strategia «biometrica» nasce in Iraq, a pochi mesi dall’invasione statunitense, quando l’Fbi inizia a raccogliere i dati biometrici delle decine di migliaia di detenuti a Camp Bucca – fra i quali il futuro «califfo» dello Stato islamico al-Baghdadi – e a raccoglierli in database.

«MA A QUALE SCOPO?». Alla domanda risponde la Defense Science Board, un gruppo di consiglieri civili del Pentagono convocato da Donald Rumsfeld. È così che viene stabilito che per i database serve un «Progetto Manhattan» (il programma che ha portato allo sviluppo delle prime bombe atomiche): qualcosa che li trasformi da dati grezzi in armi.

Nel 2010, una conferenza della Combined Joint Interagency Task Force per l’utilizzo dei dati biometrici in un’altra guerra Usa, quella combattuta in Afghanistan, detta però già le linee guida per un utilizzo di questi dati che si espande ben oltre la dimensione militare.

È così che 11 anni dopo siamo in grado di sapere che APPS, per esempio, raccoglie (fra quelli noti) ben 36 data points sulle persone schedate – fra cui informazioni sensibilissime come le parentele e l’etnia.

E CI SONO ANCHE ALTRI DATABASE, non meno «minacciosi»: quello collegato alla carta d’identità nazionale – e-takzira – o quelli (come scrive Politico) custoditi dalle compagnie di telecomunicazione, che consentono di stabilire chi ha chiamato chi – anche personale occidentale in contatto con collaboratori afghani -, gli spostamenti delle persone in base alle celle agganciate dai telefoni, perfino il contenuto delle conversazioni.

Già nel 2016 i talebani avevano dato prova del loro interesse – e capacità – nell’accedere a dati biometrici dei «collaborazionisti» con il governo e gli invasori: a Kunduz avevano preso in ostaggio 200 passeggeri di un bus e ucciso 12 membri dell’esercito afghano – secondo le testimonianze dei presenti, li avevano individuati con un dispositivo in grado di scansionare e riconoscere le impronte digitali.

«GLI STATI UNITI hanno preso prudenti precauzioni per assicurarsi che dati sensibili non cadano nelle mani dei talebani. Queste informazioni non sono a rischio», ha succintamente affermato un portavoce del Dipartimento della difesa interpellato da Guo e Noori.

Ma secondo Thomas Warrick, ex ufficiale dell’Homeland Security sentito da Politico, «non c’è praticamente dubbio che i talebani abbiano messo le mani su una preziosa miniera di informazioni che possono sfruttare a loro piacimento». Un panopticon sviluppato dagli Stati uniti e «consegnato» ai nemici contro i quali era stato concepito.