«Nonostante le evidenze mostrino che l’Europa non è sotto invasione, la politica europea continua a essere ostile verso i rifugiati». Le parole di Yagoub Kibeida dell’Unione nazionale italiana per rifugiati ed esuli (Unire) sintetizzano i numeri raccolti nel report sul diritto d’asilo nel 2021 della fondazione Migrantes, intitolato Gli ostacoli verso un noi sempre più grande. Nel 2020, infatti, mentre nel mondo le persone in fuga da guerre, fame e cambiamento climatico sono aumentate, la stima record è di 82,4 milioni di individui, l’Europa si è posizionata in contro-tendenza rispetto al quadro globale. Per la prima volta i richiedenti asilo sono diminuiti di un terzo. Nel 2019 erano 631mila, lo scorso anno 417mila.

Le domande di protezione nei paesi membri sono state 102.500 in Germania, 86mila in Spagna, 82mila in Spagna e 38mila in Grecia. Fuori dalle retoriche agitate dai diversi governi del nostro paese, l’Italia occupa solo la quinta posizione con 21.200 richieste. Siria e Afghanistan si confermano i principali Stati di provenienza, mentre Venezuela e Colombia hanno sostituito in terza e quarta posizione Iraq e Pakistan.

A livello globale, invece, nella prima metà dell’anno in corso le persone che hanno chiesto l’asilo sono 555.400, in linea con i numeri del 2020. Il primo paese ricevente sono gli Usa (72.900), seguiti da Germania (58.900), Messico (51.700), Repubblica democratica del Congo (46.200) e Francia (36.500).

Allarmante la cifra degli «sfollati da disastri ambientali». Tra il 2019 e il 2020 sono cresciuti del 37% arrivando a 7milioni. Se però si utilizza l’indicatore dei «nuovi sfollati da disastri ambientali legati a eventi meteorologici» – cicloni, uragani, incendi, siccità, temperature estreme – il numero schizza fino a 30milioni di persone. Secondo il Groundswell report 2021 della Banca mondiale questa cifra potrebbe moltiplicarsi per sette da qui al 2050 in assenza di iniziative efficaci di contrasto del cambiamento climatico. Altrimenti la previsione si riduce dell’80%, ma riguarderebbe comunque 44milioni di individui. Un duro monito nei confronti dei governi che continuano a rimandare un definitivo cambio di rotta sulla questione ambientale e soprattutto di quelle forze politiche che spesso coniugano la richiesta di chiusura delle frontiere con lo scetticismo verso la catastrofe ecologica.

Il rapporto della fondazione Migrantes si concentra anche sulla vera emergenza che continua a colpire il Mediterraneo centrale. Non una presunta invasione, ma le morti in mare e le catture di migranti da parte della sedicente «guardia costiera» libica. È vero, si legge nello studio, che i circa 53mila arrivi in Italia tra gennaio e ottobre 2021 sono quasi il doppio dello stesso periodo del 2020, ma questo dato andrebbe liberato «da allarmismi e cliché della propaganda politica» inquadrandolo in una scala temporale più ampia. Nel medesimo periodo del 2016 erano stati oltre il triplo.

I numeri davvero inquietanti sono quelli delle persone inghiottite dal mare: 1.315 morti accertati nella sola rotta centrale dall’Oim. Che all’11 dicembre scorso ha contato 30.990 persone riportate a Tripoli dalla «guardia costiera» libica. Una cifra monstre che triplica le intercettazioni di tutto il 2020. Così nei soli centri di prigionia ufficiali del paese nordafricano ai primi di ottobre erano rinchiusi, in condizioni che le agenzie Onu definiscono inumane, circa 10mila tra donne, uomini e minori. A gennaio erano 1.100.

Dietro i numeri ci sono storie, volti e sofferenze di migliaia di essere umani condannati a torture e morte dalle politiche europee e, rispetto alla Libia, soprattutto italiane. Un duro atto di accusa che coinvolge il primo ministro Mario Draghi e la titolare del Viminale Luciana Lamorgese, che in questi mesi hanno ribadito la centralità libica per frenare gli arrivi via mare.