Leader visionario impegnato nelle riforme. È questa l’etichetta che, nei giorni scorsi, i media statali hanno apposto a Xi Jinping. Rilanciando il recente e inedito paragone con Deng Xiaoping. Il «piccolo timoniere», racconta Xinhua, ha sollevato la Cina dalla povertà, il «nuovo timoniere» ha ereditato un paese diventato la seconda economia del mondo ma in cui le sfide sono maggiori delle opportunità. Tutto questo accade, non a caso, durante il terzo Plenum del XX Comitato centrale del Partito comunista. Da sempre, uno snodo cruciale per le politiche economiche della Cina.

NEL 1978, Deng avviò la stagione di riforma e apertura. Nel 1993, Jiang Zemin introdusse le logiche di mercato all’interno dell’economia socialista. Nel 2013, Xi riconobbe il «ruolo decisivo» del mercato nell’allocazione delle risorse e pose le basi dell’abbandono della politica del figlio unico. L’appuntamento di questa settimana, concluso ieri dopo quattro giorni di incontri a porte chiuse tra i 199 membri del Comitato centrale, era particolarmente atteso anche perché per prassi avrebbe dovuto tenersi lo scorso autunno. Allora c’erano forse troppe incognite sulla strada da intraprendere a livello economico e la fiducia politica era stata messa a repentaglio dalle rimozioni di due ministri chiave come Qin Gang e Li Shangfu. Gli ex titolari di Esteri e Difesa appaiono nel comunicato finale della sessione plenaria, che ne formalizza l’uscita dai ranghi. Per Li si tratta di espulsione per corruzione, di Qin (fedelissimo di Xi e protagonista di una carriera lampo) vengono invece accettate le «dimissioni» dopo le voci, mai confermate, su una relazione extraconiugale con una giornalista quando era ambasciatore a Washington.

SUL FRONTE economico niente rivoluzioni, ma il consolidamento della «grande strategia» di Xi che privilegia uno sviluppo di alta qualità rispetto al tradizionale binomio quantità e rischio. Un tempo il settore protagonista era l’immobiliare, giunto a pesare un quarto del pil cinese. Dopo il crollo degli scorsi anni, in parte previsto dal governo che ha imposto la revisione del modello basato sul debito, c’era chi si aspettava grandi misure di sostegno. Nel documento del terzo plenum, però, si parla di «disinnescamento del rischio». Una formula che pare implicare un approccio più difensivo che miri per esempio al completamento delle case non terminate che non a imponenti operazioni di stimolo.

ORA SUL PALCOSCENICO ci sono invece le «nuove forze produttive», formula introdotta da Xi e ora innalzata sull’altare della retorica ufficiale del Partito. Ci si riferisce ai chip, all’intelligenza artificiale e soprattutto all’industria tecnologica verde con auto elettriche, batterie e pannelli solari. Sono loro, nella visione del segretario generale, a dover fare da traino verso uno sviluppo di alta qualità che si in grado anche di favorire l’autosufficienza tecnologica e la messa in sicurezza delle catene di approvvigionamento di fronte al muro sempre più alto di dazi e sanzioni occidentali. Oltre al focus sulla produzione, sembrano però mancare svolte per stimolare la domanda interna, legata in modo inestricabile alla fiducia.
Si promettono poi l’eliminazione delle restrizioni sul mercato, «garantendo al contempo una regolamentazione efficace», maggiori entrate per le sofferenti casse dei governi locali, giustizia sociale attraverso la promozione di «scambi paritari e flussi bidirezionali di fattori produttivi tra città e campagna, in modo da ridurre le disparità tra le due». Il tutto entro il 2029, quando si celebrerà l’80esimo compleanno della Repubblica popolare.