«Identificare il personale medico che ha avuto in cura il paziente durante la navigazione e formulare imputazione per le fattispecie di cui agli articoli 590 sexies e 591 del codice penale». La richiesta al sostituto procuratore di Siracusa Marco Dragonetti è stata firmata il 4 febbraio scorso dall’avvocato Giuseppe Carnabuci e fa riferimento ai reati di «responsabilità colposa per morte o lesioni personali in ambito sanitario» e «abbandono di persone minori o incapaci». Il legale difende Antonia Borrello, la tutrice di Abdallah Said. Il diciassettenne somalo è morto il 14 settembre 2020 all’ospedale Cannizzaro di Catania, dove era arrivato in condizioni disperate dopo due settimane sulla nave quarantena Gnv Azzurra. «Da sotto il lenzuolo del letto di ospedale sporgevano le ossa del bacino. Era pelle e ossa. Una scena agghiacciante e disumana», dichiarò Borrello dopo averlo visto.

A seguito del decesso la procura siciliana ha aperto un’indagine contro ignoti per omicidio colposo e disposto una consulenza medico-legale per appurare causa del decesso ed eventuali responsabilità, anche colpose. La perizia è stata consegnata 11 mesi dopo, alla fine di agosto 2021, e ha stabilito che Said è morto per meningoencefalite, un’infiammazione di meningi e cervello. Non ha però chiarito eventuali responsabilità dei medici di bordo.

DA UN LATO RICONOSCE che il ragazzo doveva presentare qualche tipo di sintomi già all’imbarco sull’Azzurra e che la mancanza di un interprete che parlasse la sua lingua e il contesto assistenziale poco appropriato hanno ostacolato una diagnosi tempestiva. Dall’altro, però, afferma che se anche la causa della malattia fosse stata appurata velocemente il paziente avrebbe avuto poche probabilità di sopravvivere vista la gravità dell’infezione. Ambiguità sono rimaste anche in seguito agli ulteriori chiarimenti richiesti dal pm al team medico.

Poche possibilità, però, non significa nessuna. Per questo l’avvocato Carnabuci ha redatto la memoria difensiva con cui sostiene la richiesta di imputazione del personale medico della Croce rossa italiana, presente sulla nave. Il legale ricostruisce come il minore fosse da subito in condizioni di salute critiche e dunque di dubbia compatibilità con la permanenza a bordo, durata due settimane. Sottolinea poi quanto accaduto tra il 5 settembre, con Said che appare alla psicologa in preda ad allucinazioni, e il 7 settembre, quando il ragazzo viene portato al pronto soccorso di Augusta da dove, il giorno seguente, sarà trasferito al Cannizzaro. Carnabuci vuole sia chiarito perché per 48 ore non è stata adottata una terapia di reidratazione vista l’ormai manifesta incapacità del minore di provvedere a se stesso e se ci sono responsabilità di chi aveva la competenza per lo sbarco. Il sostituto procuratore dovrà decidere se chiedere il rinvio a giudizio dei medici o avanzare domanda di archiviazione.

SAID È UNO DEI QUATTRO morti delle navi quarantena. Gli altri sono: Bilal, un ragazzo tunisino di 22 anni che a maggio 2020 si è buttato dalla Moby Zaza; Abou Diakite, 15 anni, nato in Costa d’Avorio e deceduto il 5 ottobre 2020 in ospedale a Palermo; Giorgio Carducci, psicologo volontario di 47 anni stroncato da un arresto cardiaco il 24 aprile 2021. Sulla vicenda di Diakite la procura di Palermo ha aperto un’indagine contro ignoti per omicidio colposo. Anche in questo caso la perizia disposta dalla pm Giulia Beux ha chiarito la causa del decesso, setticemia, ma ha detto poco su eventuali responsabilità. L’avvocato Michele Calantropo, nominato dalla tutrice Alessandra Puccio, ha chiesto un supplemento di indagine di natura medica. «In caso di richiesta di archiviazione ci opporremo», annuncia.

A fine ottobre 2020, dopo le morti dei due minorenni e la campagna di una coalizione di 150 associazioni e del garante per l’infanzia di Palermo, il Viminale ha accettato di far trascorrere a terra l’isolamento sanitario ai minori non accompagnati. Sulla richiesta era d’accordo la stessa Croce rossa.

IL SISTEMA DELLE NAVI quarantena nasce ad aprile 2020 in seguito al decreto interministeriale «porti chiusi» (Infrastrutture, Interno, Esteri, Salute). L’obiettivo era evitare possibili strumentalizzazioni degli sbarchi nella cornice dell’emergenza sanitaria. Il modello, però, è finito ripetutamente sotto accusa per i costi elevati, mai chiariti fino in fondo, le condizioni di impiego di volontari e lavoratori, i profili discriminatori verso gli ospiti. Solo i migranti e solo quelli sbarcati in Sicilia, infatti, sono costretti al periodo di quarantena in mare. Per i cittadini tunisini questa ha funzionato spesso come anticamera del rimpatrio, con le questure impegnate a far trovare in banchina i decreti di espulsione che aprono le porte del Cpr e poi del volo per Tunisi.

IL PRESIDENTE della Croce rossa Francesco Rocca, intervistato da Valerio Nicolosi su MicroMega, ha definito le navi quarantena «un’operazione borderline» che spera «finisca il giorno dell’emergenza», prorogata dal governo fino al prossimo 31 marzo. Quel giorno scadrà anche l’ultimo bando emesso dal ministero Infrastrutture e mobilità sostenibili per l’affidamento di cinque unità navali per il periodo gennaio-marzo 2022. È stato vinto, come in passato, dalle compagnie Gnv e Moby. Secondo il quotidiano on-line di settore Shipping Italy la prima ha ottenuto 16,1 milioni di euro per le navi Aurelia, Azzurra, Splendid e Rhapsody, la seconda 3,8 milioni per la Moby Dada.