Non erano passate 48 ore dall’esclusione dalla corsa per le presidenziali del 18 marzo di Alexey Navalny, che anche il voto russo è diventato motivo di scontro tra Washington e Mosca.

Noel Clay funzionaria del Dipartimento di Stato ha voluto intervenire sulla decisione assunta dalla Commissione elettorale esecutiva russa di lunedì scorso: «Continuiamo ad esprimere preoccupazione per l’applicazione di misure sempre più severe da parte del governo russo contro le voci indipendenti… Tali azioni indicano che il governo russo non è in grado di proteggere in Russia gli spazi per l’attuazione dei diritti umani delle libertà fondamentali», ha dichiarato la diplomatica americana

Che l’interesse Usa per i diritti umani in Russia sia più che pelosa è confermato dal fatto che la Casa Bianca non trova tempo per difendere i diritti sindacali dei camionisti russi da mesi in sciopero: proprio prima di Natale sono stati arrestati a Mosca due leader dei camionisti per presunta frode fiscale.

La reazione russa alle dichiarazioni del Dipartimento di Stato Usa non si è fatta attendere. Marya Zacharova, portavoce del ministero degli esteri ha commentato sarcasticamente: «E queste sarebbero le persone che per un anno intero si sono indignate per le presunte “interferenze” della Russia nel loro processo elettorale? Questa dichiarazione del Dipartimento di Stato, che sono sicura non sarà l’ultima, è proprio un’interferenza diretta sia nel processo elettorale che negli affari interni di uno Stato».

Non più di 10 giorni fa anche il ministro degli esteri russo Sergey Lavrov aveva denunciato che gli americani «hanno sempre interferito immischiati nelle nostre elezioni… lo fanno attraverso i loro diplomatici, i quali si incontrano con i leader dell’opposizione, anche quelli anti-sistema».

Parole come pietre: le presidenziali russe rischiano di essere un nuovo campo di battaglia nella nuova guerra fredda. Uno scontro che non farà bene neppure a Navalny, il quale finora era riuscito ad evitare l’accusa di essere finanziato dall’estero.

Intanto la scorsa notte, per iniziativa americana si è svolta un lungo colloquio telefonico tra Rex Tillerson e Sergey Lavrov su tutti i «contenziosi» aperti tra i due paesi. In primo luogo quello ucraino (ieri sono stati scambiati 300 prigionieri di entrambi gli schieramenti che passeranno finalmente il capodanno a casa) e quella coreana. Su quest’ultima Lavrov ha riproposto la mediazione russa.

Che la proposta di mediazione non sia puramente propagandistica è confermato dal fatto recentemente il presidente della Duma Ivan Rybkin al ritorno da una missione a Pyongyang ha sostenuto non solo che i dirigenti della Corea del Nord sarebbero disponibili a trattare con gli Usa con la mediazione russa ma «di essere latore di proposte, anche tecniche, concrete dei coreani» per la risoluzione della crisi.