Il capo del Cremlino, Vladimir Putin, ha sempre citato le ambizioni atlantiste dell’Ucraina fra le ragioni che hanno spinto lui e la sua cerchia ristretta a muovere l’esercito dentro i confini dell’Ucraina. Non è chiaro, quindi, come intenda agire adesso che Finlandia e Svezia stanno per aderire alla Nato. Si tratta anche di giustificare l’azione sua e del governo di fronte all’opinione pubblica.

QUELLA NEL DONBASS va avanti da troppo tempo per essere chiamata semplicemente “operazione speciale”. Le perdite sono ingenti. Il numero di uomini che rifiuta di andare a combattere aumenta. Di «guerra alla Nato» si parla oramai in modo aperto sui giornali e nei dibattiti televisivi. Il problema è stabilire quale sia la linea rossa che Putin ha in mente questa volta per passare da uno status all’altro.

Per adesso ha deciso di fermare le forniture di energia elettrica alla Finlandia. Poca cosa rispetto al blocco del gas che era stato messo in preventivo dal governo di Helsinki, e che i russi hanno ieri smentito. «Possiamo fare a meno della loro elettricità», hanno risposto da Helsinki. Ma al Consiglio di sicurezza che ha presieduto ieri in teleconferenza dalla sua dimora a Novo Ogarevo, Putin ha discusso anche altre «contromisure» rispetto alle «possibili minacce» sul Mar Baltico. La linea ufficiale è sempre la medesima. Stiamo rispondendo a un rischio concreto. Ogni misura assunta in occidente alza il livello dell’allerta. Così si svolge l’escalation sul fronte russo.

Al Consiglio di sicurezza Putin ha avuto anche un rapporto dettagliato sullo scambio fra il suo ministro della Difesa, Sergei Shoigu, e il collega americano Lloyd Austin. È il primo, almeno ufficialmente, dall’inizio dei combattimenti in Ucraina ed è avvenuto su iniziativa di Austin.

I DUE HANNO PARLATO per un’ora. Shoigu ha rifiutato ogni colloquio negli ultimi due mesi. Non è chiaro perché ora abbia accettato di parlare. Probabilmente ha inciso il fatto che gli Stati uniti siano pronti ad accogliere Svezia e Finlandia nell’esercito Nato dopo decenni di corteggiamento.

Da Washington chiedono una tregua in Ucraina. Si tratta. Il numero di interlocutori sembra a volte fuori controllo. Non è chiaro chi stringa davvero il governo di questi colloqui. I russi hanno ripetuto che un incontro fra Putin e il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, è per adesso fuori discussione. Evidentemente aspettano di concludere la seconda parte della loro offensiva militare.

AL TELEFONO con il cancelliere tedesco, Olaf Scholz, Putin ha parlato di «colloqui in stallo», per colpa degli ucraini. Ma l’impressione è che nessuna delle parti in causa gradisca particolarmente il modo in cui gli europei cercano di condurre questa trattativa.

È vero, diversi leader dell’Unione hanno modificato i loro toni nel corso degli ultimi giorni. A Washington il premier italiano, Mario Draghi, ha usato l’espressione «costruire la pace» nell’incontro con il presidente americano, Joe Biden. Scholz come detto è tornato dopo settimane di silenzio al telefono con Putin, e lo stesso ha fatto il capo dell’Eliseo, Emmanuel Macron. Macron ha anche aperto il dibattito sull’opportunità di garantire da subito all’Ucraina l’accesso all’Unione europea. Gli ha risposto il ministro degli Esteri di Kiev, Dmitro Kuleba: siamo gli unici a morire per i valori alla base dell’Unione; la nostra gente non accetterebbe un rifiuto.

SIN QUI L’EUROPA ha deciso di difendere l’Ucraina rimanendo a debita distanza, fornendo alla causa armi e sanzioni. «Non saremo cobelligeranti», hanno ripetuto in più di un’occasione Scholz e Macron. A Mosca questa la chiamano «guerra per procura», come ha detto giovedì l’ex presidente ed ex premier Dmitri Medvedev. A Kiev temono che l’Europa usi lo stesso approccio nei colloqui. E spinga per un accordo in tempi stretti, con rinunce significative sul piano territoriale. Anche le conseguenze della pace, come quelle della guerra, dovrebbero restare, insomma, dentro i confini dell’Ucraina.