Non c’è riposo per Mykolayiv, la scorsa notte le sirene hanno suonato ancora e diversi edifici a nord della città sono stati colpiti dai frammenti di alcune bombe a grappolo.

I muri dei palazzi, nei pressi di un incrocio molto trafficato, ora sono crivellati dai frammenti metallici esplosi dagli ordigni a circa un metro dal suolo e sul marciapiede si nota il piccolo cratere caratteristico di queste bombe. Intorno, un tappeto di vetri rotti provenienti dalle vetrine dei negozi e dalle finestre ai piani superiori.

A FARE DA COLONNA SONORA lo scroscio dei frammenti raccolti dalle scope di saggina senza bastone, di quelle corte comuni in molte aree dell’ex-Urss, che per essere usate costringono chi le impugna a piegarsi quasi a novanta gradi. Per molti di noi rimane un mistero il perché non si leghi una prolunga che permetta di stare dritti con la schiena, ma come nei giorni scorsi ha detto un’anziana signora con un sorriso di scherno «come fai a vedere cosa c’è se non ti pieghi?».

Nei palazzi residenziali c’erano già dei lavoratori intenti a coprire i vuoti con dei teli opachi da cantiere mentre i negozianti mettevano in salvo la merce installando dei pannelli di compensato con avvitatore e martello. Secondo il comunicato dell’amministrazione regionale in seguito all’attacco ci sarebbe un morto e diversi feriti, ma nel resto della giornata non sono arrivati ulteriori aggiornamenti.

CIÒ CHE È CERTO è che si trattava di una zona priva di obiettivi militari o strategici e che quindi colpire in quel punto non può avere giustificazioni di ordine militare. Per questo sembrava poco plausibile la tesi dell’attacco aereo. Confermarla avrebbe voluto dire ammettere che, volutamente, un bombardiere avesse mirato in un quadrante residenziale solo per terrorizzare la popolazione civile e fare più morti possibili. Anche perché, lo ricordiamo, le bombe a grappolo sono particolarmente devastanti contro gli obiettivi umani ma praticamente inutili contro tutto il resto, soprattutto contro gli edifici.

MUTILANO, UCCIDONO, ustionano e, soprattutto, terrorizzano la popolazione ma non intaccano le difese militare nemiche. In questo caso, invece, sembra più probabile che tali ordigni provenissero da batterie di Grad russi dalle zone occupate.
I Grad non hanno la teleguida e quindi, una volta presa la mira, i razzi cadono in un’aerea che è più o meno quella designata ma senza alcuna precisione. Ciò non attenua in nessun modo le responsabilità degli attaccanti, ma è importante provare a comprendere che tipo di armamenti stiano utilizzando i russi lungo il fronte sud per provare a delinearne la strategia.

Due giorni fa, ad esempio, dei caccia Sukoi russi, avevano lanciato delle bombe incendiarie su Mykolayiv, mentre da terra si sentivano le esplosioni incessanti dei mortai e della contraerea ucraina. Siccome è improbabile che quegli aerei avessero attraversato tutta l’Ucraina in un senso o nell’altro, è da escludere che provenissero dalla Bielorussia o dalla provincia di Rostov sul Don a est (in territorio russo).

QUEGLI AEREI POTEVANO decollare solo dalla Crimea o dal Mar Nero e in questo senso l’affondamento della Moskva e il conseguente allontanamento della flotta più a largo di 200 km è un ulteriore tassello. In altri termini, tutti qui si chiedono: quali saranno le intenzioni di Mosca dopo la caduta di Mariupol?

Nell’attesa di capire come si evolverà la situazione a Mykolayiv c’è l’incognita di Kherson. Ovvero se le truppe d’occupazione si impegneranno nella pseudo-campagna elettorale per il «referendum sull’indipendenza» indetto per il 27 aprile e quindi cercheranno di tenere un profilo il meno aggressivo possibile, oppure se proseguiranno nell’avanzata verso ovest per conquistare altro terreno. Ciò che è inconfutabile è la fila di autobus che trasportavano profughi da Mykolayiv a Odessa quest’oggi, i mezzi della Croce Rossa incolonnati prima dei check-point e la ricomparsa della scritta «Dieti» (bambini, ndr) sulle macchine delle famiglie in fuga verso ovest. È estremamente difficile provare a comprendere come possa influire la guerra sulla psiche di chi la subisce. Tuttavia, senza lanciarci in teorie che necessiterebbero ben altre competenze, possiamo affermare che la scomparsa di ogni sicurezza, di una progettualità anche a brevissimo termine, anche solo riferita al «domani», è una tortura costante in ogni conflitto.

COSÌ COME LA SPARIZIONE del quotidiano o, per dir meglio, di momenti di serenità. La tensione costante che porta con sé una situazione come quella che stanno vivendo gli abitanti di Mykolayiv o di molte altre città dell’Ucraina da sola basterebbe a spiegare perché una guerra è devastante. Anche senza i morti e i feriti, ai quali giustamente è assegnato il ruolo di protagonisti nella tragedia che di volta in volta si sviluppa ma che numericamente sono gli attori minoritari.

A proposito di scenari di guerra, mentre a sud si temporeggia, a est continuano gli attacchi e i preparativi per la fantomatica «grande avanzata» della «nuova fase dell’operazione speciale», come l’ha definita Mosca. Secondo la solita intelligence britannica, questa volta passata attraverso le parole del ministro della difesa Ben Wallace, «le truppe russe stanno avanzando verso Kramatorsk, la più grande area urbana del Donbass sotto la bandiera ucraina». Come abbiamo già scritto, gli inglesi parlano da giorni dell’imminente offensiva russa nell’area del Donbass e indicano i bombardamenti sulle città del centro e del nord come un «diversivo». In totale disaccordo il sindaco di Kharkiv, Igor Terekhov, secondo il quale nelle ultime ci sarebbero state decine di morti a causa dei bombardamenti incessanti.

NELL’OBLAST DI LUGANSK, il governatore Sergiy Haidai ha dichiarato che «non ci sono più depositi di cibo a Sievierodonetsk e che i residenti possono ricevere cibo solo attraverso gli aiuti umanitari». Haidai ha inoltre aggiunto che anche le cittadine di Rubizhne e Novodruzhsk nelle ultime ore hanno subito pesanti danni. Anche Zaporizhzhia è stata nuovamente colpita, secondo l’amministrazione regionale i bombardamenti odierni non avrebbero causato vittime ma diverse infrastrutture cittadine sarebbero ormai inutilizzabili.