L’autostrada M-14 percorre grosso modo tutta la costa del Mar Nero da Odessa a Mariupol. Oggi gli ucraini ne controllano solo il tratto che da Odessa arriva fino a qualche decina di chilometri a est di Mykolayiv.

Eppure, su quei 130 km da mesi il traffico è incessante: le autobotti partono la mattina per rifornire di carburante i mezzi militari impegnati a difesa delle posizioni ucraine, i camion portano generi di prima necessità e altre forniture militari, spesso ci sono autocisterne con l’acqua potabile, pullman con i soldati diretti al fronte e tante auto da lavoro generalmente stipate di ogni genere di cose. Dal pomeriggio in poi questi mezzi tornano indietro vuoti, lo si nota dai rimorchi che ballano e sbandano sulle grosse ruote gemellari o con gli uomini che vanno in licenza a Odessa.

SPESSO CAPITA anche di incontrare colonne di mezzi militari, sia in un senso sia nell’altro. Carri armati, camion e, negli ultimi giorni, molti obici da 155 a rimorchio, quindi non quelli appena arrivati dall’Occidente che, invece, sono semoventi.

Il grande deposito di camion utilizzati per il trasporto dei cereali prima del confine tra le due regioni si è svuotato, quegli stessi camion ora percorrono la M-14 incessantemente, cercando di portare più grano possibile verso Leopoli o verso la Romania, ma si tratta comunque di percentuali esigue rispetto all’immensa mole che attende nei silos.

Di conseguenza all’ingresso e all’uscita da Mykolayiv capita quasi sempre di trovarsi incolonnati in una fila interminabile di camion che attendono di essere controllati dai militari ucraini prima di poter proseguire.

IN CITTÀ IL CLIMA è surreale. Da mesi i bombardamenti russi colpiscono il centro urbano e le zone limitrofe senza sosta. Non siamo ai livelli di distruzione di Mariupol o di Severodonetsk solo perché una vera e propria offensiva via terra qui non si è ancora verificata e quindi si tratta più che altro di mortai provenienti dalle zone occupate di Kherson, a volte di “grad”, raramente di missili da crociera (come il Kalibr che ha sventrato il palazzo della regione).

L’acqua è talmente scarsa da essere razionata e in uno dei pochi hotel rimasti aperti, ad esempio, dopo il check-in ti forniscono un boccione d’acqua da 5 litri per ogni uso. Di notte non si vede una finestra accesa e anche i lampioni sono staccati.

Eppure, anche qui la vita continua, tra le code davanti alla sede locale della Croce rossa per i medicinali e il cibo, gli esercizi commerciali che lentamente stanno riaprendo e qualche anziano sotto gli alberi della piazza Kashtanovy, che prende il nome proprio dai frondosi castagni che la circondano. Ieri mattina l’ennesimo attacco è rimbombato nel cielo sopra Mykolayiv mentre un gruppo di militari, perlopiù giovani, era in pausa e ne approfittava per un caffè al chiosco della piazza.

«Che succede?» ho chiesto a uno di loro. «È la musica russa» ha risposto, mentre il commilitone accanto scherzava su quanto fosse ripetitiva e noiosa (atteggiandosi in un’espressione infastidita) quella «spazzatura».

A UN ALTRO SOLDATO è squillato il cellulare e, ovviamente, è partita Da dove vieni? un brano di Probass Hardi (duo elettronico ucraino) a metà tra la dance e la musica tradizionale che nella prima strofa chiede «Da dove vieni?» e risponde «dall’Ucraina», tutti qui lo ascoltano a ripetizione, soprattutto i militari che la usano come suoneria del cellulare o colonna sonora di ogni spostamento; è persino più famoso di Stefania della Kalush Orchestra, della versione locale di Bella Ciao e dell’inno nazionale in versione metal, che pure occupano più o meno la totalità delle playlist.

«Questa è musica per la vita!» dice ridendo il ragazzo di prima, «non come quella russa che è smert», morte. «Ma che ne pensate della nuova legge del governo che vieta la musica russa?». «Tanto chi la sentiva» risponde un ragazzo, troppo sbrigativo e affettato per essere sincero. Dopo poco la piazza si svuota e rimane solo quell’aria di attesa dell’inevitabile che caratterizza quasi tutte le giornate di Mykolayiv dal 24 febbraio a oggi.

INTANTO, AL LARGO, le piattaforme di trivellazione della Chernomorneftegaz colpite lunedì da un attacco ucraino non confermato continuano a bruciare. Lo afferma la senatrice russa in Crimea Olga Kovitidi, la quale ha spiegato all’agenzia russa Tass che i vigili del fuoco hanno cercato di raggiungere le piattaforme ma non ci sono riusciti perché il fuoco aveva già raggiunto il pozzo.

A poca distanza le forze russe starebbero subendo «perdite significative» dopo l’attacco ucraino all’Isola dei Serpenti, ma al momento non si conoscono maggiori dettagli. Entrambe le notizie, insieme all’affondamento della rimorchiatrice russa “Vasily Bekh” sabato scorso, farebbero credere che l’arrivo dei nuovi armamenti (in particolare i missili Harpoon) per il controllo delle coste di Odessa e Mykolayiv probabilmente stia già sortendo degli effetti.

Tuttavia, la potenza di fuoco della flotta russa del Mar Nero, tre incrociatori e tre sottomarini per un totale di 36 missili da crociera e tre reggimenti aviotrasportati, lascia intendere che il pericolo dal mare è tutt’altro che scampato.