A parole sembra il primo Rosario Crocetta. «Voglio fare il lavoro più sporco, bonificare la Regione». Nello Musumeci manda un avviso ai suoi. Dalla rivoluzione crocettiana, alla bonifica stile destra. Solo promesse? A bocce ferme, sembra di sì. Con lui ci sono tutti i protagonisti degli ultimi vent’anni della politica siciliana. Da Cuffaro a Lombardo, due ex presidenti processati per mafia. Chi lo conosce però assicura che il neo presidente della Sicilia non farà sconti in una coalizione dove coabitano amici e nemici: c’è Luigi Genovese jr, che con i 17mila voti conquistati a Messina si conferma degno figlio del recordman di consensi, il padre Francantonio. «Tanti voti, per uno che non ha mai fatto politica», commenta Renato Accorinti, sindaco a Messina. E c’è Gaetano Armao, assessore all’Economia di Lombardo che consegnò a Crocetta una Regione sul filo default.

Ai festeggiamenti con gli alleati Musumeci ha preferito la tranquillità della sua casa di campagna, a Militello Val di Catania. Nessun contatto ufficiale almeno per qualche giorno con Fi e gli altri, gli unici rapporti li intrattiene con i fedelissimi: la squadra di ex missini e giovani di destra che gli stanno a fianco da quando decise di lanciare Diventeràbellissima, il movimento col quale è riuscito a imporsi persino ai perplessi forzisti, a cominciare da Silvio Berlusconi, che alla fine hanno dovuto cedere.

Non è uno facile Musumeci, lo sapeva Cuffaro che voleva come candidato Roberto Lagalla e lo sapeva Gianfranco Miccichè che ha spinto fino all’ultimo per Armao. Musumeci s’è imbarcato Lagalla e Armao ma, sono certi i suoi, sarà lui a dettare le regole. Si vedrà, i presupposti indicano altro. «Veniamo da settant’anni di politica assurda e irrazionale. Ora voglio voltare pagina», avverte il governatore, anche se l’aria è di un ritorno al passato.

«Potrò dire qualche no, perché tra 5 anni me ne torno in campagna», si smarca. Ce la farà? «Il mio primo provvedimento sarà rendere efficiente la Regione, premiare il merito dei dirigenti e andare a Roma e incontrare il governo per vedere se vuole applicare in toto le misure previste dallo statuto», promette. Un compito difficile.

Intanto s’è preso qualche giorno per smaltire le tossine del tour de force e le polemiche: come quella sugli impresentabili che in campagna elettorale ha detto di non votare. Alcuni saranno al suo fianco perché eletti, altri no.

Come Riccardo Pellegrino (Fi) che ha il fratello imputato di mafia e Antonello Rizza (Fi), il recordman dei capi d’imputazione: ben 22. Comincerà a entrare nel vivo del confronto con gli alleati sulla squadra di governo, sugli assetti della coalizione e sulle prime cose da fare rispetto al programma la prossima settimana. E sarà il primo banco di prova. Uno dei nodi sarà l’elezione del nuovo presidente dell’Ars. Posto cui mira, senza farne mistero, Gianfranco Miccichè. Un nome non proprio gradito all’entourage di Musumeci.

Nella coalizione intanto regnano l’euforia e le contraddizioni. In casa Lega si brinda per avere preso tre seggi, pur se in coabitazione con FdI, nel Parlamento più antico d’Europa. Miccichè domani sarà a Palazzo Grazioli, a Roma, per il vertice convocato da Berlusconi con i coordinatori regionali per fare il punto dopo la vittoria nell’isola e per parlare delle politiche nonostante il “patto dell’arancino” sia andato di traverso. Matteo Salvini, invece, ha voluto abbracciare direttamente il nuovo governatore; i due si sono incontrati ieri nell’aeroporto di Catania. Poi si sono appartati per parlare. Al bar dello scalo hanno preso un caffè. Alla domanda del barista “volete un arancino?” rievocazione del patto con Berlusconi e Meloni, Musumeci e Salvini hanno sorriso: «No, grazie, basta arancini…» e hanno ordinato una brioche che hanno diviso a metà.

Poi il leghista un po’ a sorpresa ha ribadito il suo giudizio sul M5s che aveva espresso in campagna elettorale: «Non condivido chi nel centrodestra insulta o riduce a una scelta di disperati o fannulloni il voto dato ai M5S, che invece merita rispetto. C’è stato un voto disgiunto a favore del candidato presidente che ha preso più preferenza della lista. Loro sono il primo partito in Sicilia quindi ci devi ragionare e dialogare. E se fossi Musumeci li interpellerei sulle scelte più importanti».

In realtà il centrodestra non avrebbe neppure bisogno di stampelle. Musumeci, che ha vinto col 39,9% staccando di 5,3 punti Giancarlo Cancelleri (M5S), può contare sulla maggioranza in Assemblea: 36 parlamentari su 70. Pochi? I “cambicasacca” scalpitano. Si parla di almeno due innesti nel giro di poco tempo. Chi? Due nomi: Luca Sammartino e Luisa Lantieri del Pd.