Sabato, il capo della Cecenia, Ramzan Kadyrov, ha inaspettatamente annunciato via Telegram le sue dimissioni. Nel suo usuale stile sardonico, il leader caucasico al potere dal 2007, dichiara di aver «scoperto» di essere il dirigente federale russo più longevo e «per quanto l’ospite sia gradito, lo è ancor di più se se ne va per tempo». Non è la prima volta che Kadyrov affida ai social simili dichiarazioni ad effetto, parte di un gioco pubblico atto a negoziare concessioni da parte del Cremlino.

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Kadyrov ha parlato di una pausa «indefinita e lunga» ma nessuno crede che lo Zar Putin possa privarsi dei servigi di uno dei suoi fedelissimi. In caso le dimissioni fossero effettive, Kadyrov potrebbe passare a dirigere la Guardia nazionale (Rosgvardija, corpo speciale a diretta dipendenza dal presidente e forte di 350.000 uomini, di cui Kadyrov ha già il rango di generale) ma si parla anche di un ministero per il Caucaso settentrionale o del posto di vicepremier.

Dopo due sanguinose guerre per il suo controllo, gli equilibri in Cecenia sono cruciali per la tenuta interna della Russia. Putin ha debellato il separatismo ceceno trasformando il conflitto in una faida intestina fra i clan locali. L’adesione della famiglia Kadyrov alle posizioni del Cremlino è stata la chiave per il ripristino dell’autorità di Mosca sulla regione ribelle.

Il processo è stato travagliato, più volte a rischio di sprofondare nuovamente nella violenza generalizzata, in particolare, negli anni 2004-2005 (quando il padre di Ramzan, Akhmad è perito in un attentato) e poi nel 2009-11, quando il terrorismo suicida ha insanguinato il Caucaso del Nord e le principali città russe. Ma nonostante ciò, la «pace» è ritornata nella regione. La Cecenia è considerata oggi una delle parti più fiorenti della grande federazione multinazionale. Dopo essere state rase al suolo, la capitale, Grozny, e le altre città cecene sono state ricostruite ex-novo con le più moderne infrastrutture.

La «normalizzazione» ed il «miracolo ceceno» hanno avuto però un prezzo non indifferente: circa 30 miliardi di dollari di sussidi federali tra il 2000 e il 2010 (con una spesa pro capite di 1.000 dollari, sei volte la media russa). Soprattutto, Kadyrov ha avuto mano libera nel trasformare la provincia in un’enclave costituzionale che funziona come una sorta di emirato arabo, in cui vige la sharia (legge islamica), con poligamia, arresti illegali e la repressione delle minoranze sessuali. L’arbitrario potere dei “Kadirovtsy”, i gruppi armati fedeli a Ramzan, creano problemi nella stessa capitale, dove loro iniziative potrebbero essere state dietro gli assassini di oppositori di spicco quali Anna Politovskaja e Boris Nemtsov.

Ciò nonostante, il regime di Kadyrov costituisce oggi un importante elemento della politica di potenza internazionale della Russia di Putin. Le forze cecene sono la punta di lancia dell’esercito federale per cui hanno contribuito in modo decisivo alle vittorie in Georgia, nell’agosto 2008, in Siria e poi in Ucraina, dove i battaglioni caucasici hanno abbattuto i reparti “Azov” a Mariupol. Proprio sabato Kadyrov ha annunciatila formazione di un nuvo reggomento meccanizzato intitoltato a suo padre Akhmad, pronto per andare in Ucraina.

A livello diplomatico, la nuova Cecenia è diventata la “vetrina dell’Islam russo”, contribuendo a ricomporre le relazioni di Mosca con gli Stati arabi sunniti nel Medio Oriente e in Nord Africa. Kadyrov ha effettuato personalmente numerose missioni diplomatiche in tali paesi per conto di Mosca, attirando anche investimenti di rilievo per il suo feudo. Con la sua Università islamica russa, Grozny è diventata un centro internazionale di dottrina sunnita, in un’azione volta a screditare l’Islam salafita che ha ispirato le ribellioni delle comunità islamiche di Russia.

In questo modo, l’azione cecena non solo ha permesso di superare l’immagine negativa della Russia all’interno del mondo musulmano, ma ha anche promosso un peculiare tipo di Islam atto a favorire l’integrazione dei cittadini musulmani. Nel complesso, il “kadyrovismo” è emerso come specifica ideologia patriottica panrussa che ha delegittimato certe narrative anti-coloniali antirusse sorte negli anni Novanta.

Con tutto ciò, come dimostra l’esternazione di sabato, il “kadyrovismo” continua a costituire un fattore imprevedibile nella Russia di Putin, i cui portavoce hanno ieri smentito le dimissioni del leader ceceno. Al cuore del problema, il fatto che la relazione fra Mosca e Grozny si regge in larga misura sul rapporto personale fra i due capi, così che restano enormi interrogativi su cosa accadrà quando uno dei due uscirà di scena.