Metodi illegittimi di ricatto e pressione. Con queste parole il ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov, intervenuto ieri alla 46ma sessione del Consiglio per i diritti umani dell’Onu, ha parlato delle sanzioni internazionali nei confronti della Federazione Russa.

Ricordando come alcuni Paesi abbiano ignorato la richiesta di sospendere le sanzioni sulle forniture di cibo, medicinali e attrezzature per la lotta alla pandemia, il capo della diplomazia di Mosca ha affermato che «le capitali occidentali continuano a ignorare l’impatto distruttivo delle restrizioni illegali sull’esercizio dei diritti umani».

Un duro intervento che risponde alle misure restrittive annunciate lunedì 22 febbraio dall’Alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza, Josep Borrell, verso i responsabili dell’arresto dell’oppositore russo Aleksej Navalnyj, condannato la scorsa settimana a due anni e mezzo di reclusione per il caso Yves Rocher.

Una disparità di trattamento all’interno delle istituzioni internazionali, quella lamentata da Lavrov, che ha poi sottolineato come al Consiglio Onu per i diritti umani passino «sotto silenzio i casi di discriminazione verso la popolazione russofona nei Paesi baltici e in Ucraina», dove le autorità hanno previsto un regime preferenziale separato per le lingue dei paesi europei.

Aspre critiche, in separata sede, anche gli Stati uniti, i cui già compromessi rapporti con Mosca hanno subito un colpo ulteriore dopo che il dipartimento di Stato ha comunicato che sono almeno 18 le imprese europee che si sono ritirate – o intendono farlo – dal progetto del gasdotto Nord Stream 2, a causa delle sanzioni Usa contro l’infrastruttura.

Finora le autorità di Washington hanno sanzionato l’azienda russa Kyt-Rus, che gestisce la nave posatubi Fortuna, ma stando al rapporto inviato dal segretario di Stato Antony Blinken ci sarebbero altre società – soprattutto gruppi assicurativi con sede nel Regno Unito – ad aver cessato la partecipazione al progetto. Tra le aziende interessate vi sono la svizzera Zurich, la francese Axa e la tedesca Munich Re.

Intervenuto ieri alla conferenza sul disarmo a Ginevra, Lavrov ha esortato Biden a intensificare gli sforzi sull’accordo nucleare iraniano per «un approccio costruttivo verso la creazione di una zona denuclearizzata in aree come il Medio Oriente, importanti per la comunità mondiale».

Un invito a stabilizzare una situazione già profondamente compromessa da Trump, e ora dopo che Teheran ha annunciato di voler cessare l’attuazione del protocollo aggiuntivo con l’Aiea per visita agli impianti nucleari iraniani, ma anche una critica a Regno Unito e Francia dal momento che per Lavrov il cammino verso il disarmo «richiede il coinvolgimento di tutti gli Stati che possiedono potenziali nucleari militari».