La partita a scacchi che dura da quasi un ventennio tra il capo di Stato bielorusso Alexander Lukashenko e quello russo Vladimir Putin potrebbe essere giunta alle ultime mosse. Il processo di unificazione tra i due paesi slavi, abbozzato nel 1999 e poi messo in ghiaccio fino ad oggi, potrebbe diventare realtà entro il 2020. Secondo quanto scrive Kommersant «il presidente russo grazie all’escamotage dell’unificazione potrebbe garantirsi nel 2024 una nuova elezione già non più come presidente della Federazione Russa che esigerebbe il cambiamento della Costituzione ma già come presidente della “Confederazione di Stati Slavi” di cui la Bielorussia diventerà di fatto una delle entità costituenti».

I DUE PAESI sono già integrati economicamente (non esistono frontiere neppure formali tra Mosca e Minsk), allineati in politica estera contro il «globalismo occidentale» e dal punto di vista miliare (l’esercito bielorusso partecipa regolarmente alle esercitazioni del suo »grande fratello»). Si tratterebbe ora di definire nel prossimo futuro alcuni dettagli di cui quello meno complesso resta la creazione di un’unica valuta.

IL PRIMO È QUELLO DEL RUOLO della Bielorussia nella «Federazione allargata». Sabato scorso il capo di quella che viene definita con un po’ troppa generosità «la Cuba d’Europa» è volato a Mosca per chiudere l’accordo sullo sconto della bolletta del gas che Gazprom deve garantire alla Bielorussia. La trattativa è stata dura come al solito perché il presidente bielorusso sa come difendere i suoi interessi. Alla fine sembra abbia ottenuto un prezzo stracciato: 100 dollari per mille metri cubi contro i 165 per esempio ottenuti dall’Armenia che già riceve uno sconto significativo. Prima di andarsene il presidente bielorusso ha fatto scaricare, di fronte a un esterrefatto Putin, quattro sacchi di patate «e il miglior lardo da noi produciamo che sappiamo piace tanto al vostro presidente».

SI TRATTA DELL’IMMAGINE che ha sempre voluto dare di sé Lukashenko: quella del contadino furbo e tenace, ma in fondo bonaccione e onesto, con cui si può trovare sempre un accordo. La Bielorussia però vorrebbe continuare anche essere privilegiata nella nuova «Confederazione» del futuro, continuando a ricevere petrolio low-cost da raffinare e vendere nell’Unione europea come ha fatto fino ad oggi, ma è difficile che il capo del Cremlino possa accettare simili prerogative senza scatenare le rivendicazioni di altre regioni.

Tuttavia molti continuano a scommettere che alla fine il matrimonio si farà: Lukashenko resterà a capo della Bielorussia senza dover passare attraverso noiose elezioni (nella maggioranza dei casi i presidenti delle regioni russe non sono eletti ma nominati dal presidente) e per i due figli maggiori si sussurra ci sarebbero già pronti posti di rilievo in grandi holding russe.

MA OGNI BUONA PARTITA di scacchi conosce anche fasi di stallo. Così messosi in tasca l’accordo sul gas e promesso che della «Confederazione» tra i due paesi se ne parlerà sicuramente, Lukashenko nel messaggio di Capodanno è tornato a esaltare patriottismo ed esercito senza mai nominare il «caro amico» Putin.

«Dobbiamo rafforzare la nostra sovranità sui principi di onestà e giustizia – ha dichiarato – ed è questo che preserva il paese per figli e nipoti: l’anno trascorso ci ha aiutato a sentire soprattutto il legame con la nostra terra natia. Non posso poi dimenticare gli uomini che assicurano la sicurezza militare al paese. Grazie mille per il vostro servizio e dedizione!» ha concluso Lukashenko.