Alla sera dell’ennesimo lunedì nero per le città ucraine il bilancio dei danni causati dai bombardamenti russi è molto pesante. Dall’ovest all’est del Paese si hanno notizie di centrali elettriche distrutte, snodi urbani della rete idrica e del gas danneggiati e infrastrutture civili inutilizzabili.

A Kiev si sono registrati i danni più ingenti e per buona parte della giornata l’80% dei residenti della capitale è rimasto senz’acqua, come dichiarato dal sindaco Vitali Kitschko. I lavori di ripristino sono proseguiti alacremente nelle ore successive e a fine giornata le autorità cittadine hanno fatto sapere che la percentuale di residenti rimasti a secco si è abbassata al 40%.

IL MINISTERO della Difesa russo guidato da Sergei Shoigu ha dichiarato che le sue forze hanno effettuato «attacchi con armi aeree e navali di alta precisione a lungo raggio contro il comando militare e i sistemi energetici dell’Ucraina». Secondo l’aeronautica militare ucraina si è trattato di più di 50 missili da crociera, di cui 44 sarebbero stati abbattuti dalla contraerea. Uno degli ordigni abbattuti è precipitato a Naslavcea, città moldava lungo il confine con l’Ucraina, causando danni agli edifici ma nessuna vittima.

Eppure, sempre stando al comunicato del ministero di Shoigu, «gli obiettivi degli attacchi sono stati raggiunti; tutti gli obiettivi designati sono stati colpiti». Il che rende evidente che l’obiettivo della Russia fossero effettivamente le infrastrutture energetiche del Paese.

Al di là del fatto, come sostenuto da diversi analisti, che i bombardamenti potrebbero essere una risposta all’attacco alla flotta russa del Mar Nero di stanza a Sebastopoli di sabato scorso. «Non giustificate questi attacchi chiamandoli “risposta”. La Russia lo fa perché ha ancora i missili e la volontà di uccidere gli ucraini», ha scritto sul proprio profilo Twitter il ministro degli Esteri ucraino Dmytro Kuleba.

SAREBBE UN ERRORE di valutazione considerare la nuova strategia russa come un semplice deterrente per la resistenza di Kiev. Non si dimentichi che sono quasi trascorsi nove mesi dall’inizio dell’invasione russa e l’economia ucraina è già seriamente provata dalla necessità di mantenere un apparato militare costosissimo e totalizzate. Il danneggiamento delle reti infrastrutturali primarie di acqua e corrente impone una serie di priorità nella spesa del governo di Zelensky che non possono che aggravare la situazione dell’erario.

Il primo ministro ucraino Denys Shmyhal ha scritto su Facebook che i missili e i droni russi hanno colpito 10 regioni ucraine e danneggiato 18 siti, soprattutto impianti energetici. Tuttavia «le conseguenze avrebbero potuto essere molto peggiori» se la contraerea ucraina non avesse abbattuto la maggior parte dei missili.

SECONDO IL CAPO della polizia nazionale Igor Klymenko non ci sarebbero morti accertate ma gli attacchi hanno ferito almeno 13 persone in diverse città. «Il Cremlino si sta vendicando dei fallimenti militari su persone pacifiche che sono rimaste senza elettricità e riscaldamento prima dell’inverno», ha detto il governatore della regione di Kiev, Oleksii Kuleba.

Contemporaneamente, c’è grande apprensione per le sorti dell’accordo sul grano che permetteva fino a domenica alle navi commerciali di esportare i cereali ucraini dai porti del Mar Nero. In questo caso l’attacco di sabato a Sebastopoli è dirimente: il Cremlino continua ad accusare l’Ucraina di aver colpito con i droni mentre Kiev nega affermando che le esplosioni sarebbero state causate da errori umani delle stesse truppe di Mosca.

Al netto del fatto che la versione russa è più convincente al momento, si noti che il Cremlino non ha perso tempo per interrompere la propria adesione all’accordo sul grano firmato a Istanbul lo scorso 22 luglio.

IL PRESIDENTE TURCO Recep Tayyip Erdogan ha dichiarato che il suo Paese è determinato a portare avanti l’accordo sul grano e che il suo ministro della Difesa Hulusi Akar parlerà con l’omologo russo Shoigu. «La sospensione dell’accordo colpisce tutta l’umanità. Ricordiamo alle parti interessate di riconsiderare le loro decisioni – ha affermato Akar, citato da Ap – I bisognosi erano già in urgente attesa dei cereali. La situazione non potrà che peggiorare».

Tuttavia è importante notare che ieri ben 12 navi cariche di cereali sono salpate lo stesso dai porti ucraini, nonostante la minaccia russa di «non poter più garantire la sicurezza delle navi in transito nel Mar Nero».

Inoltre, secondo l’agenzia Reuters, Onu, Turchia e Ucraina si sono accordate per spostare 16 navi che si trovano già in acque turche e per ispezionarne altre 40. Sembra che tre delle parti coinvolte nell’accordo stiano sondando il terreno per vagliare l’eventualità di proseguire le esportazioni nonostante l’uscita della Russia. Il che, con ogni evidenza, è una mossa estremamente rischiosa.