In piena pandemia, mentre le immagini dantesche dei cadaveri abbandonati per le strade di Guayaquil a causa del collasso dei servizi sanitari e funebri hanno fatto il giro del mondo, il presidente Lenin Moreno si è finalmente sbarazzato del suo predecessore Rafael Correa, l’avversario più temibile per le presidenziali del 2021.

La sezione penale della Corte nazionale di giustizia dell’Ecuador ha condannato l’ex presidente a otto anni di carcere e all’interdizione per 25 anni dai pubblici uffici con l’accusa di corruzione aggravata, nell’ambito del processo «Sobornos» (tangenti).

Secondo i tre giudici della corte, Correa sarebbe stato il capofila di una rete di corruzione di cui avrebbero fatto parte anche il suo vicepresidente Jorge Glas (già condannato a sei anni di prigione per il presunto coinvolgimento nello scandalo di corruzione legato alla multinazionale brasiliana Odebrecht) e altri 20 ex funzionari.

Tutti riconosciuti colpevoli di aver favorito aziende amiche nella concessione di appalti pubblici in cambio di finanziamenti per Alianza Pais, il partito fondato da Correa, versati dal 2012 al 2016 per un totale di oltre sette milioni e mezzo di dollari.

Una sentenza già scritta, secondo Correa, che dal suo esilio in Belgio ha commentato via Twitter: «Era quello che cercavano. Ottenere, manovrando la giustizia, quello che non sono riusciti ad avere dalle urne. Mi dispiace per i miei compagni». E ha aggiunto: «Non si sono fermati dinanzi a nulla, neppure alla terribile tragedia che viviamo».

Una tragedia che in Ecuador ha molto a che vedere con la gestione dell’emergenza da parte di Moreno che, incurante della crisi sanitaria, ha pensato bene di annunciare il pagamento di 325 milioni di dollari ai creditori, scatenando così le proteste, tra molti altri, del movimento indigeno e degli studenti universitari. Che hanno non a caso parlato di «alto tradimento», esigendo una moratoria del debito allo scopo di rafforzare il sistema di salute pubblica e sostenere i lavoratori in quarantena.

Che in Ecuador ci sia bisogno di tutto è evidente: mentre a Guayaquil si è dovuto ricorrere addirittura a bare di cartone per dare sepoltura ai morti, in tutto il paese, dove il numero di contagi è ancora al di sotto dei 4mila ma con appena 9mila tamponi realizzati, persino il personale sanitario è costretto a lavorare senza adeguate protezioni.