Occhi puntati anche sul Guatemala, che domenica va al ballottaggio per decidere chi sarà il nuovo presidente. Due i candidati, il comico Jimmy Morales, del Frente de Convergencia Nacional (Fcn-Nacion), appoggiato dai circoli militari più reazionari, e la progressista Sandra Torres, della Unidad Nacional de la Esperanza, che promette riforme e piani sociali. I sondaggi danno vincente Morales, che si è imposto al primo turno del 6 settembre e avrebbe 35 punti di vantaggio sulla sua avversaria.

«Né corrotto né ladro» è stato lo slogan elettorale di Morales, forte di un grande scandalo per corruzione – La Linea – che ha portato in carcere l’ex presidente Otto Pérez Molina, un ex generale detto Manodura. Nei suoi comizi, il comico televisivo ha abbozzato qualche fumosa promessa per combattere la fame, la disoccupazione e per favorire l’educazione. Il recente confronto televisivo con l’avversaria, ha però reso evidente il vuoto di proposta di Morales e il segno della sua politica neoliberista, benedetta da Washington durante il suo viaggio elettorale negli Usa.
Per le organizzazioni che difendono i diritti umani e che hanno molti conti aperti con il tremendo passato guatemalteco in cui si contano 36 anni di guerra civile, Morales è «un commediante razzista» verso i popoli indigeni, legato mani e piedi alla stessa gente che ha foraggiato Molina. Non a caso l’ex capitano Byron Lima Oliva, uno dei personaggi coinvolti nell’assassinio del vescovo Juan Gerardi e per questo condannato a vent’anni di carcere, durante un’udienza in tribunale ha detto che Morales «sarà il miglior presidente che ha avuto il Guatemala».
Se vince, Morales assumerà l’incarico il 14 gennaio del 2016, il giorno dopo entreranno in parlamento i 158 deputati eletti, e così sarà per i sindaci e i deputati del Parlacen (il parlamento centroamericano).

Secondo recenti inchieste, la maggioranza dei cittadini riconosce l’assenza di proposta del comico, ma apprezza la sua capacità di aver saputo approfittare della crisi di rigetto nei confronti del sistema politico tradizionale dovuta all’esplodere del grande scandalo per corruzione. Nonostante la sfiducia nelle istituzioni, il 6 settembre si è recato a votare oltre il 70% degli aventi diritto. Domenica, sono attesi alle urne oltre 7,5 milioni di cittadini: 4.74.450 donne, e 3.482.423 milioni uomini. Sono già presenti sul territorio gli osservatori internazionali dell’Organizzazione degli stati americani (Osa).

Ma in uno dei paesi più violenti al mondo, e in cui l’indice di disuguaglianza si situa tra il 60 e il 70%, non si ferma la repressione degli oppositori, che continuano a morire nella più completa impunità. Sabato scorso è stato ucciso l’attivista Edwin Alexander Reynoso, che ha subito un attentato nel municipio di Mataquescuintla, dipartamento di Jalapa. Con l’appoggio della popolazione, si batteva contro il progetto minerario di el Escobal, proprietà dell’impresa San Rafael e della multinazionale canadeseTahoe Resources Inc. Oltre 500 attivisti e dirigenti comunitari della zona subiscono la repressione e molti sono in carcere.

Tra giugno e settembre, il paese centroamericano è stato scosso da costanti proteste di piazza, scoppiate a seguito del processo a 27 funzionari dell’esecutivo che hanno lucrato e sottratto soldi pubblici. Ma gli oltre 1500 imprenditori coinvolti, non sono andati dietro le sbarre.