In Italia, nel 2015, le emissioni totali di gas serra sono diminuite dello 0,6% rispetto all’anno precedente; e del 16,7% rispetto al 1990 (Ispra). In questa riduzione c’è molto della storia industriale e sociale del nostro Paese, specie per quanto riguarda l’ultimo decennio.

C’è la crescita dell’efficienza energetica e delle fonti rinnovabili; ma c’è anche la crisi economica, che dal 2008 ha rallentato i consumi, e la delocalizzazione di molte attività produttive. Si è passati da circa 520 (1990) a 433 (2015) milioni di tonnellate di CO2 equivalente emesse annualmente.

Il dato complessivo può segnalare che riguardo alla sfida climatica si sta facendo qualcosa, ma non abbastanza. Una lettura più articolata del dato, però, fornisce elementi ulteriori.

A differenza di altri settori, dal 1990 a oggi quello dei trasporti ha aumentato le proprie emissioni, seppure in misura minima: non si è riusciti a produrre riduzioni significative, per lo più a causa dell’incremento della mobilità di merci e passeggeri.

Per il trasporto su strada, le percorrenze complessive (veicoli x km) per le merci sono aumentate del 34%, e per il trasporto passeggeri del 17%.

Tuttavia in Italia anche i consumi energetici del settore trasporti, dopo aver raggiunto un picco nel 2007, sono in lenta riduzione. Ancor più: il fermento industriale attorno alla mobilità elettrica e alle batterie, il clima di crescente preoccupazione riguardo alla qualità dell’aria nei centri urbani, l’avvio di una discussione politica – in alcuni Paesi dell’Ue e in Cina e India – sulla messa al bando dei motori a combustione interna, segnalano che potremmo essere sul limitare di un profondo cambiamento.

E di questo cambiamento, mai come ora abbiamo bisogno. Urgentemente.

Tra il 2000 e il 2015, a livello globale, il consumo di energia del settore trasporti è cresciuto del 35%; oggi corrisponde a quasi un quarto dei consumi energetici del Pianeta. Il livello di motorizzazione nell’Europa dell’Est, in Cina, Russia e America del Sud è in costante crescita.

Nel mentre si va realizzando la più rapida crescita degli agglomerati urbani nella storia dell’umanità.

Le proiezioni demografiche dicono che nei prossimi tre decenni la popolazione globale arriverà a dieci miliardi di persone; l’Ipcc prevede che due terzi di questa popolazione vivrà in grandi città. Se gli «ecosistemi urbani» continueranno a espandersi (la previsione è che occuperanno, al 2050, ulteriori 420 milioni di ettari) come infrastrutture di servizio alla mobilità privata su auto, la partita del clima sarà certamente persa: non (o non solo) per le emissioni dei milioni di veicoli che percorreranno le strade delle megalopoli del Pianeta, ma per i gas serra che avremmo emesso per costruire strade, svincoli, sopraelevate, parcheggi etc.

Nel frattempo appare sempre più chiaro come una trasformazione radicale del sistema dei trasporti non riguardi solo la sfida del clima – che per i più miopi è ancora questione remota ed eventuale – ma più direttamente i nostri polmoni.

Sono di due giorni addietro i dati dell’Istituto Meteorologico Norvegese e dell’International Institute for Applied Systems Analysis sul peso sanitario dei motori diesel in Europa: circa 10.000 morti premature l’anno, di cui quasi il 50% sta tutto in quel surplus di emissioni che ha portato allo scandalo Dieselgate. All’Italia il triste primato dell’impatto sanitario maggiore: 2.810 morti premature l’anno, 1.250 legate alle emissioni in eccesso rispetto alle normative.

Il futuro deve essere fatto di veicoli elettrici, per lo più piccoli e leggeri; di molto trasporto pubblico, di mobilità condivisa, di personal movers, di biciclette e passeggiate in spazi urbani sempre più integrati. È una strada ineludibile.

Il famoso motto di Yamani, «L’età della pietra non finì perché finirono le pietre, l’età del petrolio non finirà perché finirà il petrolio», ha purtroppo un corollario. Quando l’età della pietra finì, non esistevano le lobby della pietra. Le maggior parte delle industrie automobilistiche lavora per frenare o impedire una rapida transizione verso la mobilità sostenibile.

Sta anche e soprattutto alla politica contenerne o neutralizzarne gli sforzi.

* Responsabile Campagna Clima e Energia – Greenpeace Italy