Quella del Manifesto-Pdup è stata un’area molto più ampia di quella che tanti immaginano e ricordano, forse perché a consentirne la valutazione c’è tanta poca coincidenza con posizioni di qualche potere che di solito facilita operazioni di conteggio ( un dato che registra nostre carenze, ma anche qualche merito). Io dico invece ampia perché ogni volta che arrivo in un posto – e ne giro tantissimi – mi stupisco io stessa perché, ovunque, trovo vecchi, e qualche volta dimenticati, compagni.

È PERCHÉ, PUR NON AVENDO “fatto carriera”- come si dice in questi tempi di cattiva politica – sono sempre rimasti attivi in un pezzo della società. Roberto Teroni, scomparso ieri alla vigilia di questo maledetto ferragosto che sta accumulando funerali, non era solo un esponente significativo di questa nostra area ampia, e per molte ragioni. Innanzitutto perché è stato sempre, senza interruzioni e divaricazioni, parte del nucleo ristretto di chi ha continuato a frequentarsi sempre: da ormai mezzo secolo, non era pensabile andare a Firenze e non incontrarlo – né per me né per ciascuno di quelli che siamo soliti chiamare “i fondatori del manifesto”.

Anche lui, sebbene più giovane, fondatore poteva ben considerarsi, perché furono lui, sua sorella Sandra, un gruppetto di iscritti alla sezione Sinigallia del Pci, presso la Casa del Popolo Buonarroti di Firenze, a dar vita al primo nucleo del Manifesto del capoluogo toscano. Significativamente assieme ad alcuni compagni provenienti dal Psiup, fra cui il nostro amatissimo Salvatore Tassinari, un’anticipazione dell’accordo con l’ala di Vittorio Foa che qualche anno più tardi ha dato vita insieme a noi al Pdup.

QUANTO AL SUO RUOLO, Roberto Teroni è stato anche uno dei non molti che ha avuto l’occasione di sperimentare – e lo ha fatto assai bene – sia compiti istituzionali importanti che di direzione del partito, vale a dire di lavoro nella società civile: è stato infatti per due legislature consigliere regionale della Toscana e per un quinquennio assessore al Lavoro e alla formazione. Furono gli anni 1980-1990, per noi non anni qualsiasi.

E infatti Roberto fu la prima metà del decennio consigliere per il Pdup, la seconda per il Pci, visto che come sapete nel 1984, in piena offensiva craxiana, venne al nostro congresso di Milano Enrico Berlinguer e dopo aver ascoltato la relazione di Magri ci chiese di tornare, visto che i dissensi che avevano portato alla nostra radiazione erano ormai superati:il Pci aveva rotto ufficialmente con Mosca, posto fine alla linea del compromesso con la Dc, segnato una decisiva svolta a sinistra. Purtroppo non condivisa dalla maggioranza del gruppo dirigente del suo stesso partito.

Noi accettammo la proposta di Berlinguer, ma lui morì qualche mese più tardi. E nel Pci, con Roberto, ci trovammo impegnati soprattutto a combattere il suo scioglimento. Roberto Teroni aveva un carattere solare: era socievole e ottimista. E così oggi vogliamo ricordarlo. Ma anche perché la prima cosa che fece come dirigente del Manifesto in Toscana è di seguire l’insegnamento di Marx: l’inchiesta, premessa essenziale dell’azione politica, qui l’analisi di una regione rossa in una fase in cui avevano cominciato a manifestarsi le prime crepe. Un metodo di lavoro subito seguito dall’Emilia, per iniziativa di Massimo Serafini. Oggi largamente dimenticato.

Aggiungo a questo mio ricordo anche quello di Nicola Manca, già deputato del Pdup: «Con Roberto ci siamo conosciuti negli anni 70 e abbiamo percorso un tempo lungo della politica in Toscana. Persona mite e colta, sempre attento e partecipe anche nei momenti più difficili, ricordo che bastava uno sguardo per capire una situazione , un contesto dentro il quale muoversi. Con il Pdup di Firenze abbiamo costruito con altri compagni/e una politica partecipata unitaria mai settaria e inutilmente declamatoria.

In Regione, dopo la rottura dei socialisti negli anni di Craxi, si formò una giunta con Bartolini presidente comunista appoggiata dal Pdup. Roberto in seguito divenne assessore al lavoro e fece più che bene. Negli anni della svolta occhettiana seguimmo Magri e tentammo di fare di Rifondazione una sinistra aperta alternativa non chiusa in un recinto nostalgico.

Io, Roberto , Carlo Paolini , Luciano Senatori , e un gruppo di giovani – Torelli, Rossi, Violante e altri – tentammo quella avventura e per un po’ riuscimmo; ma tutto naufragò per via dell’orientamento politico che prevalse con Bertinotti. Tante battaglie e ricordi di allora che mi tornano alla mente. In politica non basta l’appartenenza si deve condividere un progetto, un sentire comune e cosi fu per molti anni l’esperienza che vivemmo con Roberto. Anni decisivi per entrambi; e, credo, per tutti i compagni»

LO RICORDEREMO DOMANI, domenica a Firenze alle 11.30 nella sala di Ofisa, viale Milton 89, dove la salma si troverà dalle 17.30 di oggi e sarà visitabile fino alle 19 (sabato e domenica dalle 8 di mattina).