E’ una promessa che guarda ai prossimi mesi, sperando che la Tunisia riesca nel frattempo almeno a rallentare il numero di migranti che attraversano il Mediterraneo diretti in Italia. «Per il decreto flussi futuro, e anche già in quello autorizzato a dicembre dal consiglio dei ministri, stiamo lavorando a delle quote premio per i Paesi che fanno accordi con l’Italia per riprendere il maggior numero di immigrati irregolari», ha spiegato il ministro degli Esteri Antonio Tajani da Tunisi dove si è recato ieri con il collega dell’Interno Matteo Piantedosi per parlare di immigrazione e cooperazione con la Tunisia.

Nel Paese nordafricano, scosso da una forte crisi economica e politica, i due esponenti del governo hanno incontrato i rispettivi omologhi e il presidente Kais Saied, con il quale hanno concordato sulla necessità di avviare politiche che, ha proseguito Tajani, «servano a combattere la povertà, il terrorismo, il cambiamento climatico, le malattie».

La missione di ieri fa parte delle iniziative con cui il governo Meloni spera di convincere i Paesi di origine e di transito dei migranti a una più attiva collaborazione nelle operazioni di contrasto delle partenze in cambio di un numero maggiore di ingressi legali in Italia attraverso strumenti come appunto il decreto flussi. Missione che è stata preceduta da un viaggio che i due ministri, questa volta separatamente, hanno fatto la scorsa settimana ad Ankara per parlare con esponenti del governo turco, oltre che di immigrazione, anche della situazione in Libia. Per l’Italia quanto accade sull’altra sponda del Mediterraneo è fondamentale sia per quanto riguarda il dossier migranti che per la difesa degli interessi energetici nazionali, motivo per cui il vicepremier Tajani prova a ritagliare per il nostro Paese un ruolo da mediatore tra la Turchia e l’Egitto, destinazione quest’ultimo del prossimo viaggio in programma.

Va detto che, per quanto riguarda i migranti, siamo ancora nella fase delle buone intenzioni che rischiano però di rimanere tali come dimostrano analoghi tentativi fatti in passato dai precedenti governi. E questo anche se la «dimensione esterna delle migrazioni», come viene definita la necessità di arrivare al maggior numero di accordi bilaterali con gli Stati da cui partono i migranti, è l’unico punto su cui l’Unione europea sembra essere davvero d’accordo. Indirettamente, lo ha ricordato ieri anche il presidente del Consiglio europeo Charles Michel parlando del vertice in programma per il 9 e 10 febbraio. «Le cifre sono note – ha spiegato -: nel 2022 c’è stata una crescita sostanziale degli arrivi illegali sul suolo dell’Ue. Ciò significa che dovremo impegnarci per partenariati con i Paesi terzi, il rafforzamento delle capacità di controllare le frontiere esterne dell’Ue e facendo progressi sul Patto sulla migrazione».

Per l’Italia il vertice del prossimo mese si annuncia tutto in salita, anche dopo la telefonata con il presidente francese Macron con cui martedì Giorgia Meloni ha provato a ricucire i rapporti con la Francia entrati in crisi con la vicenda della nave Ocean Viking. La premier preme da tempo per un meccanismo che obblighi i 27 ad assumersi la responsabilità di quanti arrivano attraverso il Mediterraneo, alleggerendo così la situazione dei Paesi costieri. Ma sul punto ha trovato finora solo il sostegno scontato di Malta, Cipro, Grecia e Spagna.