Anche l’Iraq si accinge a scegliere il suo presidente. Il 7 febbraio il parlamento si riunirà per nominare il successore di Barham Salih che sulla base di accordi non scritti sarà un esponente della minoranza curda. È difficile che per quella data il paese abbia anche un nuovo governo, alla luce dello scontro tra le forze sciite e la forte tensione politica è accompagnata da attacchi armati e attentati. Ieri, prima dell’alba, un gruppo non ancora identificato ha lanciato diversi missili contro l’aeroporto di Baghdad, di cui sei sono andati a segno danneggiando la pista d’atterraggio e due velivoli civili parcheggiati. Le forze di sicurezza hanno poi trovato nel distretto di Abu Ghraib, a sud della capitale irachena, un camioncino dotato di una la piattaforma per il lancio di razzi. Amaro il commento del primo ministro ad interim, Mustafa al Kadhimi. «Questo attacco – ha detto – rappresenta l’ennesimo tentativo di infangare la reputazione che il Paese si è costruito negli anni. Queste operazioni che mirano ad obiettivi civili devono finire. C’è solo un modo per definirle ed è terrorismo».

Appena tre giorni fa razzi Katyusha erano stati lanciati verso l’abitazione del presidente del parlamento, il sunnita Mohamed al-Halbousi. In precedenza, diversi attacchi con bombe a mano avevano preso di mira rappresentanti di partiti che potrebbero collaborare con il leader sciita Moqtada Sadr, il cui movimento, Sairoon, alle elezioni legislative dello scorso 10 ottobre ha ottenuto il maggior numero di seggi, 73 su 329 seggi. Sadr, è un nazionalista e se da un lato si è sempre battuto – in passato anche con le armi – contro l’occupazione statunitense del paese, dall’altro vuole anche limitare l’ingerenza iraniana nelle vicende irachene. I suoi avversari temono che possa formare una coalizione che escluda i partiti filo-iraniani. In realtà il leader di Sairoon punta a una soluzione di compromesso con i suoi rivali sciiti che escluda dal governo il partito Stato di diritto di Nuri al Maliki, l’ex premier legato a doppio filo a Tehran, che considera un «corrotto». Sadr che ha appoggiato, entro certi limiti, le proteste popolari cominciate due anni fa contro il malgoverno e l’inefficienza dello Stato, secondo l’agenzia Shafaq avrebbe offerto al leader di Al Fatah (filo-iraniano), Hadi al Amiri, la carica di ministro dell’interno in cambio dell’esclusione di al Maliki. Amiri da parte sua ha ribadito di volere un governo di intesa nazionale con dentro anche Stato di diritto.

Davanti alle divisioni nella casa sciita, l’iracheno comune si attende una posizione esplicita della «Marjaiya», l’istituzione religiosa con sede a Najaf guidata dal Grande Ayatollah Ali al Sistani. Un passo che potrebbe arrivare presto per evitare che lo scontro politico possa sfociare in violenze. Sistani in passato è più volte intervenuto in questioni politiche e di sicurezza. Di recente, pur mediando tra le posizioni, è sembrato appoggiare la linea nazionalista di Muqtada Sadr.