Il contestatissimo Patto asilo e migrazione è legge europea. Ieri è arrivato il via libera finale da parte del Consiglio Ue in formato Ecofin ai diversi file – 9 regolamenti e 1 direttiva – che compongono uno dei pacchetti legislativi più corposi di questi cinque anni. Un ok formale e ampiamente scontato, dopo che il Parlamento europeo aveva approvato la riforma un mese fa, ma comunque un passaggio necessario alla pubblicazione in Gazzetta ufficiale europea. Voto favorevole dell’Italia, contrario su diversi dossier il voto dell’Ungheria, della Slovacchia ma anche della Polonia. «Non accoglieremo nessun migrante in base al Patto», ha spiegato il premier polacco Donald Tusk. «Abbiamo già accettato centinaia di migliaia di persone dall’Ucraina come anche dalla Bielorussia». Non una sorpresa, in realtà: nel 2017, nella sua funzione di presidente del Consiglio europeo, Tusk si era detto contrario al sistema di quote obbligatorie di ripartizione dei migranti fra i paesi Ue.

Per il Patto, il passaggio più delicato inizia ora, con l’applicazione nei singoli stati Ue, che dovranno presentare i piani d’attuazione entro gennaio 2025. Ne parliamo con Marta Gionco, portavoce di Picum con sede a Bruxelles, rete che riunisce 158 organizzazioni di tutta Europa. Il lavoro delle ong rappresentate da Picum è quello di assicurare dignità ai migranti che si trovano senza documenti, ad esempio in seguito a un diniego dell’asilo, o al mancato rinnovo del permesso di soggiorno per motivi di lavoro.

Scattano i ventiquattro mesi per mettere a terra la riforma. Cosa si prevede per questa fase di transizione?
Affinché il Patto diventi operativo, c’è una quantità enorme di regole da interpretare, applicare e questioni legali da chiarire. Teniamo sempre presente che il testo è stato adottato con processo legislativo opaco, lunghe negoziazioni e regole approvate in alcuni casi anche all’ultimo minuto. C’è ancora molto da capire e i prossimi due anni saranno fondamentali.

La vostra rete denuncia uno scenario di detenzione indiscriminata. Ci spiega meglio?
Per noi la detenzione dei migranti è uno degli effetti più problematici di questa riforma. Ci potrebbero essere casi diversi nell’applicazione di restrizioni alla libertà personali, comunque con poche o nessuna garanzia legale a tutela del migrante. La situazione sarà come quella vista negli hotspot, in cui famiglie intere non avranno possibilità di lasciare il luogo dove sono.

Restando alla detenzione indiscriminata, molti critici del Patto hanno puntato il dito contro le nuove regole sui minori.
Nel corso delle procedure di frontiera la detenzione iniziale, che dura fino a dodici settimane (più altre dodici per l’eventuale procedura di rimpatrio), si applica a tutti, compresi i minori con famiglia. I minori non accompagnati sono esclusi, ma possono non esserlo se considerati un pericolo per l’ordine pubblico o per la sicurezza nazionale. Il problema è che, come succede già ora, è molto facile per uno Stato definire qualcuno un rischio per la sicurezza senza fornire le motivazioni della decisione, il che impedisce ai legali di fare appello. Quindi è facile che molti migranti saranno detenuti sulla base di questa clausola.

Un tema molto discusso è stato quello della “strumentalizzazione della migrazione”. Ci può spiegare cosa è e perché è pericoloso?
Perché diventa facilmente un modo ulteriore per ridurre le garanzie per i migranti. Il termine è presente nel “regolamento crisi”, che definisce “strumentalizzazione” quando un paese non Ue o un attore non statale incoraggia il movimento di persone con l’idea di destabilizzare un paese. Così gli Stati possono chiedere alle istituzioni Ue (prima Commissione, poi Consiglio) una serie di deroghe alle già limitate garanzie. Di conseguenza, le procedure di frontiera possono allungarsi e gli Stati hanno fino a quattro settimane per registrare le domande d’asilo. Ancora una volta si rischiano forme di detenzione estesa.

Quali azioni le ong possono avviare per contrastare gli effetti più negativi di questa riforma?
Monitorare quello che capiterà e denunciare in caso. Il ruolo delle ong è essenziale ed è importante che abbiano accesso ai luoghi di detenzione, cosa che nella pratica è spesso ostacolata dai governi. Inoltre, molte organizzazioni stanno già esplorando potenziali vie per il ricorso legale, perché molti aspetti del Patto violano la Carta Ue dei diritti fondamentali, così come la Convenzione Europea dei diritti umani.