Alla fine Luciana Lamorgese ha otternuto ciò che voleva. La ministra dell’Interno è arrivata ieri in Tunisia insieme alla commissaria Ue agli Affari Interni Ylva Johansson con l’obiettivo di assicurarsi una maggiore collaborazione delle autorità del Paese nel fermare le partenze del giovani tunisini verso l’Italia. Un viaggio che è parte di una più ampia strategia che l’Unione europea, a dir poco preoccupata da quanto potrebbe accadere con l’estate, ha messo in campo per contrastare i numerosi arrivi di imbarcazioni cariche di migranti, e di cui fa parte anche la missione che la prossima settimana vedrà tornare in Libia il ministro degli Esteri Luigi Di Maio con il commissario Ue all’Allargamento Oliver Varhelyi.

A Tunisi Lamorgese e Johansson non sono certo arrivate con le mani vuote. Le due politiche europee hanno assicurato al presidente della Repubblica Kais Saied e al premier Hichem Mechichi, che ha anche l’interim del ministero dell’Interno, un cospicuo pacchetto di investimenti, italiani ma sopratutto europei, che dovrebbero aiutare il Paese nordafricano a ridare ossigeno a un’economia resa ancora più fragile dalla pandemia: «Con la commissaria Johansson abbiamo tracciato con le autorità tunisine le direttrici politiche lungo le quali si dovrà sviluppare il partenariato strategico tra Unione europea e Repubblica tunisina», ha spiegato Lamorgese.

Due gli obiettivi di maggiore interesse per l’Italia e vero motivo della missione: ottenere una maggiore flessibilità sui rimpatri dei tunisini che sbarcano in Italia, tutti considerati migranti economici, e assicurarsi – anche attraverso un intervento diretto – un controllo più stretto delle coste del Paese nordafricano. Fino a oggi Tunisi ha imposto un’applicazione estremamente rigida dell’accordo bilaterale siglato con Roma e che prevede 80 rimpatri a settimana da effettuare con due voli charter in partenza il martedì e il giovedì. In caso di ritardi – nell’ultimo anno dovuti anche all’emergenza Covid – l’appuntamento salta. «Questa rigidità rallenta la possibilità di effettuare i rimpatri», ha spiegato Lamorgese. Il risultato ottenuto non incide sui numeri delle persone destinate a tornare indietro, che restano 80 a settimana, ma Tunisi ha accettato di fissare nuove date in sostituzione di quelle che potrebbero saltare. In più ha aperto alla possibilità, oggi negata, che i rimpatri possano essere effettuati anche imbarcando i migranti sui normali traghetti di linea che collegano l’Italia alla Tunisia.

Altro capitolo riguarda la collaborazione con la Guardia costiera tunisina. Oggi l’Italia si occupa della manutenzione dei mezzi navali provvedendo anche alla fornitura di pezzi di ricambio. Roma ha chiesto e ottenuto di più. In particolare di poter attivare un sistema di allerta con navi e aerei italiani che, pur operando in acque internazionali, avvertano le motovedette tunisine delle partenze dei barconi permettendogli di bloccarli quando sono ancora nelle acque territoriali del Paese.

La contropartita a tutto ciò è, come si è detto, economica ma il governo tunisino deve tener conto anche dell’opinione pubblica interna. In un Paese stremato dalla crisi economica, e con una disoccupazione sopra al 17%, a partire sono soprattutto le generazioni più giovani spinte dalla speranza di riuscire a trovare in Europa un lavoro e un futuro che non riescono a vedere nel loro Paese. Esigenze legittime, alle quali non si può rispondere solo con l’ennesimo giro di vite. Saied l’ha spiegato chiaramente parlando con Lamorgese: l’approccio incentrato sui soli aspetti securitari, ha detto il presidente tunisino, «ha dimostrato i propri limiti per affrontare le cause profonde dei fenomeni migratori». Cause che invece si risolvono «combattendo la povertà e la disoccupazione e sostenendo le politiche di sviluppo dei Paesi di origine».

L’Italia ha già in corso programmi che riguardano il microcredito. Da parte sua l’Unione europea promette molti soldi che rappresentano altrettante promesse di sviluppo. Le incognite semmai riguardano i tempi. Quello raggiunto ieri da Lamorgese e Johansson con le autorità tunisine è infatti un via libera politico. Ora andrà avviato un tavolo tecnico che dovrà dare seguito agli accordi presi.