E’ ancora tutta in salita la strada che dovrebbe portare alla definizione di un accordo europeo per la distribuzione dei migranti. E questo nonostante manchi appena una settimana al mini vertice che il 23 settembre riunirà alla Valletta i ministri dell’Interno di Malta, Italia, Germania, Francia e Finlandia. «Siamo ancora nella fase dei buoni propositi», è il commento che non a caso circolava ieri al Viminale, mentre anche da Bruxelles si sottolineava come «le posizioni restano distanti» nella ricerca di una soluzione alla questione degli sbarchi.

Al momento, comunque, la regia di tutta l’operazione è a palazzo Chigi, dove il premier Giuseppe Conte è deciso a gestire in prima persona un dossier delicato come quello dell’immigrazione. Con la speranza di riuscire a sciogliere in tempi brevi i nodi più difficili. Un’occasione importante per farlo potrebbe esserci domani pomeriggio, quando a Roma arriverà il presidente francese Emmanuel Macron. Con lui il premier italiano parlerà anche di Libia, della possibilità di arrivare a un cessate il fuoco e di organizzare un’altra conferenza internazionale che – dopo quella di Palermo dello scorso mese di novembre – potrebbe tenersi questa volta a Berlino.

A tenere banco, sarà però la questione migranti. Dal punto di vista diplomatico il viaggio di Macron rappresenta un altro passo verso la normalizzazione dei rapporti tra i due Paesi dopo gli scontri avuti con il passato governo gialloverde. Ma sembra difficile che la disponibilità francese possa spingersi fino al punto di accogliere senza riserve le richieste italiane, pur comprendendo la necessità di non ridare fiato alla propaganda leghista. Due, in particolare, i punti di attrito che ancora separano i due Paesi. Il primo riguarda la questione porti. Roma vorrebbe attuare una rotazione dei porti che coinvolga, a seconda delle emergenze, anche Paesi come la Spagna e la Croazia, oltre che naturalmente la Francia. Parigi chiede invece che i migranti vengano sbarcati nel porto sicuro più vicino al luogo del salvataggio, il che significa l’Italia o Malta. Valgano per tutte le parole pronunciate ieri a Bruxelles dalla ministra per gli Affari europei Amelie de Montchalin: occorre «un equilibrio tra solidarietà e responsabilità», ha detto. «E’ necessario che i Paesi di primo ingesso permettano lo sbarco ma anche uno studio della situazione delle persone che arrivano per sapere chi sono». E questo porta diritto alla seconda questione ancora aperta: quali debbano essere i migranti destinati a essere ricollocati in Europa. La Francia sarebbe intenzionata a prendere solo coloro hanno la possibilità di vedersi riconosciuto la status di rifugiato, mentre l’Italia – ma anche Malta – chiede invece la distribuzione di tutti coloro che arrivano, quindi anche dei migranti economici.

Tutta da definire infine anche la composizione dei Paesi che dovrebbero partecipare al patto sui migranti dando vita a un meccanismo automatico su base volontaria di accoglienza. Sono sei quelli che al momento ne farebbero parte. Oltre a Francia e Germania (rispettivamente con una quota del 25%), anche Italia, Malta, Spagna e Grecia. Se il gruppo non si amplia sorgerebbe un problema visto che in gran parte si tratta degli stessi Paesi in cui avvengono gli sbarchi. E poi: verrebbero distribuiti solo i migranti tratti in salvo dalle navi o anche quelli che arrivano da soli?

Sempre mercoledì il ministro dell’Interno Luciana Lamorgese si recherà a Berlino dove vedrà il collega tedesco Horst Seehofer, ed è possibile che dall’incontro esca qualche chiarimento in più. Nel frattempo, per capire l’aria che tira in Europa basta sentire il leader ungherese Viktor Orbán che ieri ha definito «deplorevole e pericolosa» la decisione italiana di far sbarcare i migranti a bordo della Ocean Viking. «Accuse strumentali», per il ministro degli Esteri Luigi Di Maio, che ha anche proposto di aprire uffici dell’Ue nei Paesi di transito dove i migranti possano presentare le richieste di asilo.