Giunto ormai in dirittura d’arrivo, il Patto immigrazione e asilo, che per molto tempo è apparso chiuso e blindato, potrebbe riservare una sorpresa, fosse pure dal sapore squisitamente pre-elettorale, nel voto finale.

Si vota oggi pomeriggio, nella sessione cosiddetta mini-plenaria (due giorni anziché quattro) dell’Eurocamera convocata nella capitale belga (invece che a Strasburgo), uno dei pacchetti di norme europee più attesi e più controversi della legislatura che si sta per chiudere. Si tratta di 9 file legislativi messi insieme, che nelle intenzioni dovevano riscrivere le regole dell’approccio continentale alla migrazione, riformare il diritto all’asilo (e sulla carta anche superare il regolamento di Dublino) per un continente che, nonostante l’invecchiamento costante e la crisi demografica, è poco propenso ad accogliere, integrare e concedere diritti a chi dovrebbe averne. Il punto è però che l’ecumenica maggioranza che dovrebbe sostenere il Patto, pur avendo partorito un testo mastodontico ma di ampio compromesso, rischia comunque di sfaldarsi. Se uno o più di uno dei file più controversi dovessero essere respinti, mancherebbe di conseguenza anche il consenso da parte dei governi dei 27 riuniti nel Consiglio Ue. E tutta la composizione portata avanti per anni, salterebbe.

A segnare una delle linee di smottamento è la dichiarazione del capogruppo dei popolari (Ppe) all’Eurocamera, il tedesco Manfred Weber. Con un invito che sembra più un attacco mirato, Weber chiede specificamente al Pd di esprimersi a favore: «L’Italia è il paese più colpito» dall’immigrazione irregolare e «se il patto migratorio fallisse, causerebbe enormi dall’Europa e in particolare all’Italia», mentre «c’è bisogno di una procedura ordinata per ridurre l’immigrazione, di controlli rigorosi alle frontiere esterne dell’Unione europea contro il modello imprenditoriale di trafficanti». E poi l’appello alla pattuglia italiana: «Il voto deciderà se il Pd continuerà ad essere un partito europeista».

Risentita la risposta di Brando Benifei, capodelegazione dem, quando sottolinea l’approccio esclusivamente securitario seguito dal Ppe, accusato di voler «usare fondi europei per costruire mura e recinzioni alle frontiere e esternalizzare il modello Ruanda». Non potranno essere i popolari «completamente asserviti alla destra nazionalista» a dare lezioni. Rispetto a chi pensa che questo compromesso sia meglio di niente (il gruppo S&D, di cui il Pd fa parte, è schierato complessivamente per il sì), la delegazione italiana annuncia voto contrario. «Il Patto che esce dal Consiglio danneggia l’Italia, perché vuole trasformare il nostro Paese in un Cpr all’aria aperta, spinge verso i paesi terzi la gestione dei rifugiati e dei richiedenti asilo invece che promuovere un’autentica ripartizione delle responsabilità».

Per capire meglio l’incertezza del voto odierno, va detto che contro il patto si sono dichiarati, seppure per motivi diversi, anche M5S, Verdi, Sinistra e, sulla sponda opposta, gli ungheresi di Fidez , i polacchi del Pis, il gruppo Id di cui fa parte anche la Lega. Fratelli d’Italia che appartiene al gruppo Ecr come il Pis, ha deciso invece di votare caso per caso. Un fronte tale da far sorgere qualche dubbio anche alla Commissaria Ue agli Affari Interni Ylva Johansson, che si dice «orgogliosa» di aver prodotto una legge che, a suo avviso, protegge sia i confini che i diritti dei migranti. «Mi aspetto che gli eurodeputati diano l’ok – ammette in serata -, ma non si sa mai».

Chi invece sa con certezza che si tratta di una cattiva legge sono le ong: 161 organizzazioni di tutti i paesi europei – tra cui Oxfam, Amnesty, Sea-Watch e Arci – hanno lanciato un appello agli eurodeputati per respingere un Patto «pericoloso» dato il suo «approccio punitivo». Questa mattina alle 11,30 inoltre, il gruppo Gue/Left al Parlamento europeo organizza di fronte all’edificio principale dell’Eurocamera a Bruxelles, intitolato ad Altiero Spinelli, un «funerale pubblico del diritto d’asilo», accusando la maggioranza che sostiene il Patto di «vergognosa capitolazione alla narrativa xenofoba» e del «tradimento dei valori professati dell’Europa».