La presidente del Consiglio Meloni ha ufficializzato ieri la linea del governo sulle proteste degli studenti per la Palestina. Durante un evento a Milano ha messo in chiaro: «Alcuni dei manifestanti sono dei professionisti della materia che provocano le forze dell’ordine nella speranza che qualcosa vada storto e si possa dire che il governo ha metodi autoritari e nessuno condanna quei violenti». Per Meloni sarebbero 126 gli agenti feriti nei cortei di questi mesi: «Meritano rispetto».

Cortei e presidi si sono svolti in diversi atenei. Dopo Roma, Bologna, Napoli, Palermo, Padova, Torino, Pisa, Venezia, Bergamo, Trento, oggi (giorno della Nakba, il primo esodo forzato dei Palestinesi) saranno montate tende anche a Genova, Firenze, Bari e Cosenza. A Milano dopo la Statale e il Politecnico, la protesta è arrivata anche alla Bicocca. All’Università di Macerata è partita «l’Intifada degli studenti»: ieri è stato interrotto un incontro alla facoltà di Scienze politiche che aveva come ospiti, tra gli altri, rappresentanti dell’università israeliana Bar-Ilan, mentre per oggi è stata indetta una giornata di mobilitazione.

«Considerando ciò che si sta consumando in Medio Oriente – ha scritto il collettivo Depangher – l’unica risposta che possiamo accettare dall’istituzione universitaria è quella riguardante l’immediata sospensione di tutti gli accordi con i suddetti atenei». Gli incidenti che si temevano ieri a Roma, Milano, Padova e Pisa, dove erano in programma le riunioni dei rispettivi senati accademici, non ci sono stati.

La Sapienza era circondata da camionette delle celere ma il corteo, composto da circa 400 studenti e studentesse, è rimasto dentro la città universitaria. «Alla rettrice non fanno paura gli infiltrati perché non ci sono», hanno detto i collettivi chiedendo le dimissione di Antonella Polimeni che fino a ora ha sposato una linea dura anche rispetto ai docenti, ricercatori, dottorandi e personale amministrativo che, come gli studenti, chiedono una revisione degli accordi con le industrie belliche. «Siamo un movimento studentesco globale che vuole la fine del genocidio in Palestina – spiegano dal coordinamento – non solo chiediamo lo stop agli accordi con Israele ma anche soluzioni politiche e non il finto pacifismo nei luoghi di formazione del sapere».

Il senato accademico dell’università di Padova ha invece approvato all’unanimità una mozione in cui «esprime sconcerto e profonda preoccupazione per l’ulteriore drammatico evolversi del conflitto, condotto con ingiustificabile accanimento dall’esercito israeliano ai danni della popolazione civile palestinese alla quale vanno sentimenti di vicinanza e solidarietà». Il documento però, non basta ai collettivi perché non prevede forme di boicottaggio degli atenei israeliani.

Anche l’Università di Pisa ha affermato in una nota di condividere «la preoccupazione per la tragica evoluzione della situazione a Rafah e nella Striscia di Gaza, e unisce la propria a tutte le voci che chiedono l’immediato cessate il fuoco, la liberazione degli ostaggi e il libero accesso agli aiuti umanitari». Ma, come a Padova, è stato deliberato «di non aderire a boicottaggi». Quanto al dual use, i docenti pisani hanno assicurato che le collaborazioni saranno esaminate «caso per caso».