Nuove proteste a sostegno dell’oppositore russo Aleksej Navalnyj, attualmente detenuto nella colonia penale Ik-2 di Porkov nella regione di Vladimir dopo il suo arresto nel quadro del caso Yves-Rocher, sono state fissate per il 21 aprile. L’annuncio del suo staff conferma la decisione di non aspettare il raggiungimento del mezzo milione di firme sulla piattaforma online «Free Navalny!»: traguardo che inizialmente era stato indicato come propedeutico all’annuncio di nuove manifestazioni. Cambio di programma dovuto al peggioramento delle condizioni di salute di Navalnyj: la sua portavoce Kira Jarmush ha fatto sapere che l’oppositore potrebbe morire «nel giro di pochi giorni». Messaggio ribadito anche da alcuni membri senior della sua fondazione, che hanno affermato come qualsiasi ritardo potrebbe rappresentare un rischio per la sua vita. L’aggravamento di Navalnyj – in sciopero della fame dal 31 marzo per protestare contro le condizioni della sua detenzione – è stato denunciato sabato dal suo medico personale, Anastasia Vasiljeva, e da altri tre dottori. 

Vasiljeva ha affermato che Navalnyj rischierebbe «un attacco cardiaco da un momento all’altro» a causa di una funzionalità renale ridotta, e un altro medico, il cardiologo Iarolav Achikhmine, ha sottolineato che «un paziente con un simile livello di potassio dovrebbe essere trasferito in terapia intensiva» visto l’elevato rischio di aritmia. Condizioni pessime quelle denunciate da Navalnyj, che ultimamente ha accusato più volte le autorità carcerarie di negargli cure adeguate lamentando svariate problematiche: da un’ernia del disco fino ad una sospetta tubercolosi (che ad inizio mese aveva contagiato tre dei suoi compagni di cella). Situazione che ha portato il suo legale Olga Mikhailova a presentare una denuncia alla Corte europea dei diritti dell’uomo. L’oppositore ha comunque ribadito la sua volontà di continuare lo sciopero della fame, denunciando di essere stato minacciato di alimentazione forzata e il rifiuto a farlo visitare da medici civili – dovuto secondo lui al timore che gli esami facciano venire alla luce nuove prove del suo avvelenamento. 

Nuovi appelli per il rilascio sono arrivati anche dalla comunità internazionale. Primo fra tutti Joe Biden, che ha parlato di una «situazione totalmente ingiusta e inappropriata» ai danni di Navalnyj. Più duro il consigliere alla sicurezza nazionale Jake Sullivan, secondo cui «ci saranno conseguenze» se l’oppositore morirà in prigione. «Ciò che accade sotto la loro custodia è una loro responsabilità», ha detto. Sulla stessa linea anche le parole del presidente francese Emmanuel Macron, che facendo riferimento anche all’escalation in corso in Ucraina ha ribadito in un’intervista la necessità di «definire delle chiare linee rosse con la Russia». «Non ci saranno esitazioni se ci sarà bisogno di nuove sanzioni», ha detto.

Il ritorno della vicenda al centro del dibattito si inserisce in un contesto di tensioni già forti per la Russia, che insieme all’escalation nel Donbass e all’imbarazzo per l’arresto del capitano della Marina italiana Walter Biot si trova a dover gestire anche nuove frizioni in Repubblica Ceca. Il premier Andrej Babis ha annunciato infatti un possibile coinvolgimento dei servizi segreti russi nelle esplosioni avvenute nel 2014 in alcuni depositi di munizioni a Vrbetice. Accuse che il ministero degli Esteri russo ha definito «assurde e inverosimili», ma che contribuiscono a mettere a rischio quell’avvicinamento che si era tentato di raggiungere durante l’ultima telefonata tra Vladimir Putin e il suo omologo statunitense.