Se non è una prima volta, il messaggio di Mattarella sulle violenze della polizia contro gli studenti pacifisti di Pisa è quantomeno inconsueto per la sua durezza. Il presidente «ha fatto presente» al ministro degli Interni Piantedosi che «l’autorevolezza delle forze dell’ordine non si misura sui manganelli ma sulla capacità di assicurare sicurezza tutelando, al contempo, la libertà di manifestare pubblicamente opinioni». Poi la bordata finale: «Con i ragazzi i manganelli esprimono un fallimento». Un avviso trasversale diretto sia al Viminale, sia alla polizia, sia in generale al governo (e proprio nel giorno che a Kiev Meloni prende la guida del G7) sia in particolare alla Lega, i cui esponenti hanno giustificato senza fare una piega le cariche a freddo avvenute a Pisa e a Firenze.

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La condanna che è anche un allarme

Soprattutto il primo episodio, perché ha visto coinvolti studenti medi e universitari in tutto e per tutto pacifici, addirittura con le mani in alto, chiusi in una vietta e massacrati di botte. Il conto finale è stato di tredici feriti, otto dei quali minorenni, e diversi fermati. Il motivo ufficiale della carica risiede nel tentativo da parte del corteo (duecento persone in tutto) di arrivare, senza autorizzazione, in piazza dei Cavalieri. La giornata poi è finita con la stessa piazza riempita da diecimila persone solidali con i manganellati. FdI, attraverso una nota del suo ufficio stampa, allontana da sé i sospetti e quasi risponde a Mattarella: «La sinistra che spalleggia i violenti è la causa dei disordini ai quali abbiamo assistito». Anche il vicepremier Tajani reagisce, sia pure con toni più soft : «Piantedosi farà verifiche, ma le forze dell’ordine non si toccano».

IL CAPO DELLA POLIZIA Vittorio Pisani promette verifiche: «I nostri operatori hanno posto in essere iniziative che dovranno essere analizzate singolarmente e verificate con severità e trasparenza».

La procura di Pisa, intanto, ha anche aperto un fascicolo sull’operato della polizia, con le indagini che sono state affidate ai carabinieri. Il lavoro, allo stato attuale, consiste nella visione dei tanti video e delle tante foto della manifestazione allo scopo di valutare se l’uso della forza da parte degli agenti sia stato o meno proporzionato allo svolgersi degli eventi. La questura ha già depositato ai pm una sua informativa di servizio corredata dai video girati dagli agenti della Digos.

Il primo e più debole anello della catena di comando è Sebastiano Salvo, questore di Pisa dall’estate scorsa e con un passato trascorso quasi tutto a Genova, dove era in servizio già ai tempi del G8 del 2001. Mai sfiorato da inchieste né tanto meno da sospetti per quei fatti, Salvo si è anzi fatto notare nel tempo per essere uno dei pochi poliziotti in attività che si sono espressi in pubblico con parole persino autocritiche su quelle drammatiche giornate di 23 anni fa. Contro di lui, comunque, al grido di «vattene», ieri hanno manifestato per le vie della città duecento ultras prima della partita tra Pisa e Venezia.

È CHIARO, però, che al centro del fuoco incrociato – tra interrogazioni parlamentari,pressanti richieste di dimissioni e ora anche Mattarella a metterci il carico – c’è Matteo Piantedosi, che avrebbe anche un passato da prefetto e dunque dovrebbe avere una qualche nozione su come si gestiscono le piazze. Vero è che da quando la situazione in Medio Oriente è precipitata il numero di manifestazioni si è moltiplicato, ma è vero pure che ormai sono passati quasi 6 mesi dal 7 ottobre e, tra tanti decreti e decretini, nessuno al Viminale sembrerebbe aver pensato a una strategia sull’ordine pubblico, alle regole d’ingaggio che la polizia deve rispettare. Non è un dettaglio irrilevante.

Come non è irrilevante il parere del sostituto procuratore di Genova Enrico Zucca, che parla di «violenza selettiva» delle forze dell’ordine: «Si usa contro gli studenti che manifestano per cause che non piacciono alla maggioranza ma non si usa contro chi manifesta, anche senza rispettare le regole, per cause diverse ma non percepite negativamente». Il sospetto più inquietante, poi, arriva guardando la sequenza degli eventi degli ultimi giorni: mercoledì alla Camera Nordio apre a una revisione del reato di tortura con l’obiettivo di renderlo più chiaro in rapporto alle operazioni di polizia. E venerdì arrivano le manganellate dei poliziotti contro gli studenti.

PER OGGI pomeriggio alle 18 e 30 la Rete degli studenti medi del Lazio ha convocato un presidio di solidarietà agli aggrediti davanti al teatro dell’Opera di Roma, a due passi dal ministero degli Interni. Hanno aderito, tra gli altri, l’Anpi, l’Arci, la Cgil e il Pd capitolino.