Legge 3 novembre 2017, ecco come si chiamerà ufficialmente il «Rosatellum». Il presidente della Repubblica ha firmato e promulgato ieri la nuova legge elettorale e il Quirinale ne ha dato notizia semplicemente aggiornando sul sito l’elenco degli atti firmati.
La risposta agli appelli e alle ripetute dichiarazioni di tanti esponenti del Movimento 5 Stelle è arrivata con i fatti; il presidente della Repubblica non ha fatto alcun gesto nella direzione delle richieste grilline. Ricevendo la copertura di Pier Luigi Bersani, che pure è stato un convinto avversario della legge. «Il Rosatellum non è palesemente incostituzionale – ha detto l’esponente di articolo 1-Mdp – quindi il presidente Mattarella ha firmato e ha fatto il suo mestiere». Tutto altro stile nelle dichiarazioni grilline. «Mattarella si è sbagliato anche questa volta come aveva fatto con l’Italicum», ha detto Alessandro Di Battista in tv. «È una legge incostituzionale e per questo ora la partita si sposta davanti alla Corte costituzionale dove abbiamo già presentato ricorso», aggiunge Luigi Di Maio.

Il ricorso che hanno presentato i capigruppo grillini di camera e senato, però, rappresenta un quasi inedito per la Corte costituzionale: si tratta di un tentativo di sollevare il conflitto di attribuzione tra un gruppo parlamentare e la camera di appartenenza (ed eventualmente il governo) per il fatto che la legge elettorale è stata approvata con la fiducia, non consentendo come prevede l’articolo 72 della Costituzione l’esame normale del testo e degli emendamenti. Non è detto che la Corte dichiarerà ammissibile questa strada (mentre dovrà pronunciarsi su una richiesta simile il 12 dicembre).
Anche in caso di non ammissibilità di questo ricorso, è ormai aperta la strada per portare le leggi elettorali ai giudici della Consulta attraverso il passaggio nei tribunali ordinari. Ed è certo che anche il Rosatellum dopo il Porcellum e l’Italicum (entrambi dichiarati in parte incostituzionali), seguirà quella via. «Gli avvocati anti Italicum prepareranno sul modello dell’iniziativa che ha già avuto successo un ricorso per la maggioranza dei distretti di corte d’appello – annuncia subito Felice Besostri, coordinatore del gruppo di legali – da presentare a cominciare dalla prima settimana successiva alla pubblicazione in gazzetta ufficiale». Naturalmente non c’è alcuna possibilità che tutto l’iter possa concludersi in tempo per le prossime elezioni, dunque anche il Rosatellum come il Porcellum nel caso fosse dichiarato incostituzionale avrebbe prima eletto almeno un parlamento.

Ragione per cui secondo Besostri Mattarella non avrebbe dovuto promulgare, «sarebbe stato opportuno rinviare la legge con un messaggio motivato alle camere, ciò avrebbe consentito al parlamento nell’interesse della costituzionalità della legge di prevedere almeno il voto disgiunto e lo scorporo degli eletti nell’uninominale dal proporzionale». Quanto meno, conclude, «il capo dello stato avrebbe potuto utilizzare tutti i 30 giorni di tempo che aveva per promulgare una legge sulla quale era necessario riflettere molto».
Ma naturalmente l’esigenza del Quirinale e del governo adesso è un’altra: fare al più presto i collegi. Che sono tutti da disegnare, sia nella parte uninominale che nella parte proporzionale, sia alla camera che al senato. Il ministero dell’interno – prima ancora della nomina della commissione di esperti prevista dalla legge – ci sta già lavorando.