Solo pochi giorni fa è stata ricordata nello stesso giorno (il 21 gennaio) sia la fondazione del Partito comunista italiano, sia la morte (esattamente cento anni fa, nel 1924) di Vladimir I. Ul’janov, ovvero Lenin, il maggiore artefice della creazione del movimento comunista internazionale. Il giorno dopo è stato invece l’anniversario della nascita di Antonio Gramsci, uno dei più importanti comunisti e marxisti del Novecento. Nomi e circostanze che si intrecciano e che rimandano alle origini di quello strano animale politico che è stato il Pci, fondato nel 1921, ma rifondato più volte: nel 1926 dallo stesso Gramsci al Congresso di Lione e, dopo quasi vent’anni, dal Togliatti della «svolta di Salerno», creatore del «partito nuovo», fautore della accettazione della democrazia e della scrittura, insieme ad altri, della Costituzione repubblicana.

PER ADERIRE a questo partito dal 1945 in poi non era più necessario aderire anche a una ideologia definita (il marxismo-leninismo), ma solo a un programma politico. Anche per questo il Pci divenne estremamente attrattivo per gli intellettuali del dopoguerra e dei decenni successivi. Fu un partito in cui potevano convivere e convivevano diverse letture di Marx, diversi marxismi, diversi approcci filosofici e anche diverse «concezioni del mondo», per dirla con Gramsci. Che spesso si confrontavano, nel pluralismo, dando il loro apporto all’elaborazione di una cultura politica articolata anche se convergente nel sostenere la possibilità di una società diversa.

Un convegno promosso dall’associazione Futura Umanità e dal Dipartimento di filosofia di Roma «La Sapienza» cercherà venerdì 26 gennaio (dalle ore 9 a Villa Mirafiori, via Carlo Fea 2) di ricostruire un quadro delle diverse letture filosofico-politiche di Marx che a lungo hanno convissuto nel Pci. Si va dal Marx delle origini, il Marx di Gramsci e Togliatti (con le relazioni rispettivamente di Marcello Mustè e Corrado Morgia), al Marx dei grandi intellettuali che dagli anni ’40-’50, con libri importanti e anche grandi dibattiti, a volte vivacemente polemici (come quello del 1962 dei «filosofi marxisti in Italia», su cui parlerà Stefano Petrucciani), segnarono una lunga stagione del marxismo italiano e anche europeo: Antonio Banfi (relazione di Roberto Finelli) e Cesare Luporini (su cui parlerà Giorgio Mele), Galvano Della Volpe e i dellavolpiani (relazione di Michele Prospero) e Nicola Badaloni (Vittoria Franco), e il marxismo pedagogico di Mario Alighiero Manacorda (Carmela Covato).

E POI, ANCORA, il dialogo Luporini-Althusser degli anni ’60-’70 (Francesca Izzo), la «scuola di Bari» (Pasquale Serra) e infine la stagione della «crisi del marxismo», negli anni ’80 (Giulio Azzolini). Arrivò infine la Bolognina, a segnalare che una egemonia era finita e che altri paradigmi e altri autori (liberisti, liberali o liberal) si erano affermati: coi risultati che oggi sono sotto gli occhi di tutti.

Perché Marx e non i marxismi, come oggetto privilegiato di questo convegno? Nel 1983 Cesare Luporini disse – commemorando il primo centenario della morte di Marx in apertura del XVI Congresso del Partito comunista italiano – che per tornare in modo proficuo a far rivivere Marx bisognava andare oltre i tanti marxismi che si erano succeduti, a partire da quello di Engels.

I DUE ASPETTI (Marx e i marxismi) sono senza dubbio collegati. Ma riflettere sulle diverse letture di Marx può significare anche cercare soprattutto di capire come può essere utile il pensatore di Treviri oggi, di fronte a problemi (filosofici, politici, morali, educativi, epistemologici) sotto alcuni aspetti nuovi. Una riflessione che, se non ha e non deve avere una ricaduta immediatamente politica, non è però nemmeno estranea al «che fare?» di fronte a cui si trova oggi tutta la sinistra.

Il panorama che il convegno di Villa Mirafiori promette di offrire è vasto, anche se non del tutto esaustivo, né una sola giornata di riflessione poteva pretendere di esserlo. È auspicabile che altre iniziative (convegnistiche ed editoriali) seguano, per completare e approfondire l’affresco della vicenda di Marx in Italia, che per buona parte è stata anche quella del Marx, o dei Marx, del Pci.