Da una parte, 600 delegati di Alternative für Deutschland rinchiusi nella Grugahalle di Essen fin dalle 6 del mattino per il Parteitag che serve a celebrare la storica vittoria del voto Ue quanto a preparare la conquista dei Parlamenti di Brandeburgo, Sassonia e Turingia, le cui urne si aprono fra 60 giorni. Dall’altra, 90.000 antifascisti di ogni genere, età, estrazione sociale, scesi in piazza per formare il muro a difesa della democrazia («Brandmauer») intorno al summit dell’ultradestra diventata ormai il secondo partito nazionale. In mezzo – almeno in teoria – i check-point della polizia pronta ad ampliare a dismisura la zona rossa dove la protesta non passa perché «non si può mica impedire il congresso di un partito con deputati del Bundestag», con buona pace del Comune di Essen e alla faccia dei residenti e dei commercianti che avevano abbassato le serrande per evitare che la capitale della Ruhr si trasformasse nella vetrina politica dei Nazi anziché in una mèta visitabile per i tifosi di Euro 2024.

MENTRE RIMBALZA pure qui l’altra sintomatica protesta dell’antifascismo, che mette il dito nella piaga della criminalizzazione di chi si ostina a opporsi con massima forza all’idea di Europa propagata dall’estrema destra. «Free Maja!» è lo slogan rimbombante a Dresda dove nelle stesse ore si snoda la dimostrazione contro l’estradizione in Ungheria di Maja T., militante di estrema sinistra trasferita l’altroieri notte con un blitz di polizia dal carcere della capitale sassone alle galere di Orbán, poche ore prima che la Corte di Karlsruhe potesse dire l’ultima parola. «Una chaoten di sinistra» taglia corto la stampa nazionale con poche eccezioni provando a liquidare il caso ormai però irriducibile alla dimensione locale, come dimostra la manifestazione per Maja di venerdì ad Amburgo e le proteste della Linke per l’inquietante tempismo della sua deportazione. Più veloce, ieri solo la rielezione di Alice Weidel e Tino Chrupalla alla guida di Afd. Il congresso ha deciso che saranno ancora loro a gestire il partito che si appresta a costruire il Gruppo Ue dei Sovranisti «senza fretta» per poi instradarsi sulla via del governo nazionale. «Spero potremo replicare il risultato europeo alle prossime elezioni nazionali» sottolinea l’aspirante-cancelliera Weidel, senza spiegare però con chi vuole fare il governo.

L’ALLEANZA di Sahra Wageknecht (Bsw), unica possibilità sulla carta, resta più che altro il più forte concorrente per i voti nella Germania orientale (sono gli unici due partiti in crescita negli ex Land della Ddr) e per Weidel la fuoriuscita della Linke rimane «la stampella della Cdu, perché rifiutando il dialogo con Afd impedisce l’unità del fronte anti-governativo». La leader di Afd sa bene quanto sia alto (per ora) il muro antifascista non solo nelle demo ma anche sotto il profilo politico. Finché non crolla il cordone sanitario di Spd, Cdu-Csu, Verdi, Fdp, Linke e Bsw, uniti nel veto a qualunque collaborazione con Afd, i fascio-populisti sono destinati al massimo ai governi locali. Anche se la resistenza istituzionale vacilla sempre più, al contrario di quella popolare.

«I manifestanti hanno provato a superare il limite di sicurezza. Gli agenti hanno reagito con spray al peperoncino» bollettina la polizia mentre Weidel dal palco della Grugahalle tuona contro gli antifascisti: «Ciò che accade là fuori non ha nulla a che fare con la democrazia». Dovrebbe spiegarlo al premier del Nordreno-Vestfalia, Hendirk Würst (Cdu), deciso a ringraziare pubblicamente la massa colorata di manifestanti che hanno «hanno mostrato che non c’è spazio per l’odio e il razzismo nel nostro Stato. Oggi a Essen abbiamo assistito al forte segnale di come la società civile stia in massa dalla parte della democrazia». Plasticamente è davvero così: il corteo partito ieri dalla stazione verso Kennedy Platz e poi la zona rossa è indubitabilmente gigantesco quanto variegato. Non ferma la distribuzione tutt’altro che sottobanco dell’incredibile merchandise della “Junge Alternative”: l’organizzazione giovanile di Afd da tempo accusata di contiguità con la galassia della destra dichiaratamente hitleriana.

«RE-EMIGRAZIONE ADESSO» è l’adesivo offerto sul banchetto dei giovani “Ja” allestito nella Grungahalle. Campeggia insieme allo sticker «Non ha detto il falso» con il volto di Maximilian Krah, eurocandidato di Afd che si è giocato lo scranno a Bruxelles per aver difeso le SS «non tutte criminali». Ma si vende bene anche la massima sul fenomeno migratorio che «non è una legge di natura». In teoria, materiale all’attenzione come minimo dell’Ufficio della controspionaggio federale che tiene ufficialmente sotto controllo i giovani di Afd più che sospettati di deriva anti-istituzionale; ma è anche un’ultima chiamata per la Polizei nel frattempo impegnata fuori dal centro congressi a provare a fermare centomila cittadini che dissentono sulla legalità di Afd, con la Costituzione in mano.