Sette ore di interrogatorio servite per rivendicare il diritto-dovere a salvare vite nel Mediterraneo. Per Luca Casarini, capo missione della nave Mare Jonio, quella di ieri è stata la giornata in cui, di fronte al procuratore aggiunto di Agrigento, Salvatore Vella, ha dovuto rispondere alle accuse di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e di non aver rispettato l’ordine impartito dalla Guardia di finanza di arrestare la nave che il 19 marzo è approdata a Lampedusa dopo avere salvato 49 migranti in acque libiche. «Salvare vite umane è un dovere, non c’erano altre scelte», ha spiegato Casarini al pm confermando che oggi, in situazioni analoghe, rifarebbe le stesse scelte.

Prima di entrare in procura, rispondendo ai cronisti, senza nominarlo ma in maniera esplicita, ha polemizzato col ministro dell’interno Matteo Salvini: «Io rispondo ai pm – ha detto l’ex leader dei no global – sono altri che si nascondono e scappano dai processi».

Per quanto riguarda l’accusa di non aver rispettato l’ordine impartito dalla Guardia di finanza, Casarini ha spiegato che non sarebbe stato possibile «perché saremmo morti tutti per le condizioni del mare. Ci siamo diretti verso Lampedusa – ha proseguito – per una scelta precisa. In Libia i migranti rischiavano di morire e dovevamo portarli in un posto sicuro».

A supporto delle sue tesi, Casarini ha poi consegnato dei documenti di cui i pm non erano ancora in possesso. Il procuratore aggiunto Vella, insieme al procuratore Luigi Patronaggio e al pm Cecilia Baravelli con cui coordina l’inchiesta, nei prossimi giorni deciderà i successivi passi dell’inchiesta.

«Abbiamo ricostruito tutti gli accadimenti di quelle ore e su cosa è accaduto. Noi tendiamo a dimostrare che sono stati degli atti responsabili, anche avvertendo le autorità e chiedendo le autorizzazioni necessarie alle autorità italiane e maltesi, avendo l’obiettivo primario di mettere in sicurezza le persone tratte in salvo», ha spiegato il difensore di Casarini, l’avvocato Fabio Lanfranca.

Per il legale il punto centrale dell’interrogatorio «è stabilire se salvare persone che ti chiedono aiuto in mare è un atto criminale. Non dimentichiamo che è stato chiesto il porto sicuro sia in Italia che a Malta avendo come obiettivo fondamentale la tutela della vita della dignità di queste persone che vengono tratte in salvo».