«Scioperiamo dal lavoro dentro e fuori casa, dai ruoli di genere e da tutti i ruoli che ci vengono imposti». In queste poche righe si può riassumere la grande mobilitazione di oggi indetta da Non una di meno, rete catalizzatrice di femminismi nel mondo e radicata anche in Italia, nei cui appuntamenti confluiranno le ragioni e le lotte di tante altre realtà disseminate sul territorio. La giornata si svolgerà anche quest’anno su due fronti: da un lato lo «sciopero globale transfemminista», dall’altro le manifestazioni.

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IL SENSO dello sciopero risulta prezioso se rapportato alla retorica di cui l’8 marzo è tradizionalmente ammantato: una giornata «speciale» in cui omaggiare la donna con un fiore o un ingresso gratis in discoteca. Se speciali siamo, si capirà forse meglio interrompendo l’attività lavorativa e dimostrando che non siamo le creature devote e floreali immaginate a lungo dalla metà maschile della società. Non una di meno mette a disposizione sui suoi canali un vademecum per aderire allo sciopero anche in forme parziali e creative laddove non sia possibile assentarsi dal luogo di lavoro, e ricordando che l’interruzione può riguardare anche il lavoro relazionale e di cura così come i consumi. Anche per questo lo sciopero non ricalcherà sempre le modalità abituali e i sindacati confederali non hanno aderito, al contrario di Cub, Cobas, Sgb, Usb e Us. Ci si aspetta comunque una forte limitazione del trasporto ferroviario e del trasporto pubblico locale nelle maggiori città, Roma e Milano in particolare.

L’importante sarà dare un segnale, e a questo serviranno le manifestazioni annunciate. L’elenco delle città interessate è lungo, da Alba a Viterbo le piazze saranno 38, con un’evidente concentrazione maggiore al centro-nord. Quella più partecipata dovrebbe essere Roma, l’appuntamento è alle 17 a Piazzale Ostiense, il corteo attraverserà il quartiere Testaccio per terminare a Largo Bernardino da Feltre. A Milano il corteo si sdoppierà in due, il primo, la mattina, organizzato da studentesse e studenti partirà alle 9.30 da Largo Cairoli, il secondo alle 18.30 da Piazza Duca D’Aosta. A Napoli ci si incontrerà a Piazza del Gesù alle 16, a Firenze a Piazza della Santissima Annunziata alle 15.

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SE RICORDARE il ruolo ancora misconosciuto delle donne, e urlare contro la violenza patriarcale che ancora infesta la società in forme più o meno plateali, è fondamentale a prescindere dal contesto politico, non si può certo negare la valenza che queste mobilitazioni assumono oggi, dove alla prima premier donna – e il fatto che sia la prima è un’evidenza che non deve farci smettere di riflettere – corrisponde una politica intollerante, razzista, escludente la cui cultura si basa anche su un immaginario femminile tutto modellato sulle necessità della famiglia, a cui oggi si tenta di apportare un vago maquillage. I comunicati di Non una di meno appaiono lucidi e consapevoli di quelli che sono i bersagli su cui costruire un’opposizione ricca di senso. Nell’appello romano troviamo «le dichiarazioni della ministra della salute Roccella e della premier Meloni per garantire il diritto di non abortire in un paese con la media del 70% di medici obiettori». O ancora, la solidarietà alla dirigente scolastica attaccata dal ministro Valditara, «per reclamare una scuola pubblica, aperta e antifascista». Anche il lavoro rimane all’ordine del giorno rivendicando «il reddito di autodeterminazione, individuale e universale, contro l’abolizione del reddito di cittadinanza». E poi, guardando fuori dall’Italia, le donne che rischiano la propria vita in Iran per la libertà di vivere finalmente allo scoperto le proprie passioni e talenti, ma anche «le donne curde, afgane, ucraine, russe e a tutte le donne in lotta nel mondo».

LA SFIDA principale appare in ultima analisi proprio quella di rompere gli steccati e farsi carico di una spinta immaginativa e politica che, partendo dalle donne, può abbracciare l’intera società per iniziare a costruire un futuro diverso da quello prospettato dal turbocapitalismo, colpevole dell’ecocidio e riflesso di una logica maschile e patriarcale dello sfruttamento non più accettabile. Non a caso tra le prime rivendicazioni della mobilitazione c’è l’ecologia politica, «contro la violenza che devasta i territori, i nostri corpi e i corpi animali». Si consolidano le alleanze, e i movimenti sembrano essere pronti.