In principio fu Abdel Fattah al-Sisi, meritevole secondo l’Eliseo della Legion d’Onore. Ora il presidente francese Macron ripulisce la faccia di un altro dei più feroci regimi della regione, quello saudita. Dopo la visita negli Emirati arabi, foriera di un ricco accordo militare (17 miliardi di euro per 80 caccia Rafale e 12 elicotteri militari francesi), ieri Macron è volato a Gedda dove ha stretto la mano, a favor di telecamera, al principe ereditario saudita – e reggente de facto – Mohammed bin Salman.

Quello accusato dalla Cia di essere il mandante dell’omicidio del giornalista dissidente Khashoggi e quello che dal 2015 bombarda lo Yemen (377mila vittime stimate dall’Onu per scontri armati, fame e malattie). Per questo da giorni associazioni per i diritti umani francesi e internazionali, a partire da Amnesty, protestano: è il primo vertice faccia a faccia con bin Salman di un leader occidentale dal 2018, anno dell’omicidio Khashoggi. Macron si è difeso venerdì: «La Francia ha un ruolo importante da giocare nella regione. Non significa essere complici o dimenticare».

Ma di fatto, come fece con al-Sisi, normalizza il regime. Non che non lo fosse già, nessuno aveva interrotto rapporti diplomatici o economici con Riyadh. Non a caso con Macron è partita una folta delegazione in rappresentanza di circa 100 compagnie francesi, da Total a Vivendi, alla ricerca di accordi commerciali.

Tra i temi trattati anche il Libano dopo la crisi diplomatica tra Beirut e il Golfo scatenata dalle critiche alla guerra in Yemen da parte del ministro libanese dell’informazione (ora dimesso) Kordahi. Ieri Macron e bin Salman hanno telefonato al premier libanese Mikati per ricucire e dirsi che, sì, tutti appoggiano le riforme (ancora inesistenti) necessarie al paese dei Cedri. Da qui l’annuncio di Macron: un’iniziativa congiunta franco-saudita per superare la crisi. E magari avvicinare Beirut al Golfo, per toglierlo all’asse Iran-Hezbollah.