Con la visita di ieri in Guinea-Bissau, dopo Camerun e Benin e prima di volare a Parigi per ricevere bin Salman, si è concluso il piccolo tour africano del presidente francese Emmanuel Macron, primo viaggio ufficiale dall’inizio del secondo mandato.

L’obiettivo principale – come esplicitato dall’Eliseo -, è quello di «riposizionare la Francia nel continente africano di fronte alle ambizioni russe», promuovendo anche l’iniziativa internazionale Food and Agriculture Resilience Mission (Farm), avviata a marzo, per lo sviluppo della produzione agricola africana.

Una visita – in contemporanea con quella del ministro degli esteri russo Sergei Lavrov in Egitto, Uganda, Etiopia e nella Repubblica Democratica del Congo – voluta fortemente da Macron per «rilanciare le relazioni diplomatiche e creare nuovi accordi economici con i paesi legati storicamente alla Francia», come dichiarato nella conferenza congiunta di martedì a Yaoundé insieme al suo omologo del Camerun, l’ottantanovenne Paul Biya.

DOPO ESSERE STATO ACCOLTO, lunedì sera, dal primo ministro camerunese Joseph Dion Ngute, Macron è stato ricevuto al palazzo presidenziale di Yaoundé da Biya in un incontro definito «amichevole e proficuo» per le future relazioni bilaterali tra i due paesi. Un passaggio fondamentale visto che solo due anni fa il presidente francese aveva criticato Biya, che governa il paese con il pugno di ferro da oltre 40 anni, per le «ripetute violazioni dei diritti umani nella parte nord-occidentale anglofona del paese (Ambazonia)» che aspira all’indipendenza.

Sul passato coloniale francese, Macron a Yaoundé ha chiesto «un lavoro congiunto di storici camerunesi e francesi» per «far luce» sull’azione della Francia in Camerun durante la colonizzazione e dopo l’indipendenza. Il presidente francese non ha esplicitamente ammesso le colpe della Francia, ma ha annunciato l’apertura degli archivi storici nazionali, come richiesto in questi giorni da alcuni partiti politici camerunesi che lo avevano invitato a riconoscere i «crimini della Francia coloniale».

Macron e Biya hanno discusso di minaccia jihadista, visto che il nord del Camerun è pesantemente colpito dalla presenza dei miliziani dello Stato Islamico dell’Africa occidentale (Iswap). Stesso tema trattato con il presidente del Benin, Patrice Talon, con il paese che sta affrontando negli ultimi mesi un moltiplicarsi di attacchi mortali da parte dei diversi gruppi jihadisti che dal Sahel cercano di espandersi fino al Golfo di Guinea.

DISCUSSIONI IN LINEA con la nuova strategia di Parigi di «voler ripensare all’intervento militare francese con un maggiore coinvolgimento dei paesi africani», vista anche l’esperienza deficitaria in Mali e il progressivo ritiro della forza anti-jihadista Barkhane dal paese, previsto per metà agosto.

Mercoledì una nuova serie di attacchi coordinati in Mali, dopo quelli della settimana scorsa, ha colpito nuovamente alcune basi (Sévaré, Sokolo e Kalumba) in località vicine alla capitale Bamako, causando la morte di altri 15 militari maliani e 3 civili. «Questi attacchi sono un sintomo della crescita costante dei gruppi jihadisti nel Sahel e un campanello di allarme per tutta l’area visto che l’utilizzo dei mercenari di Wagner e le violenze dei militari maliani ha fatto aumentare esponenzialmente il numero delle persone che si stanno arruolando nel Gruppo di Sostegno all’Islam e ai Musulmani (Gsim), affiliato ad Al-Qaeda» ha indicato Seidik Abba, esperto di jihadismo.

La visita di Macron si è conclusa ieri in Guinea-Bissau piccolo paese dell’Africa occidentale afflitto da un’instabilità cronica – legata prevalentemente al narcotraffico – e il cui presidente, Umaro Sissoco Embalo, si prepara a prendere il timone della Comunità economica degli Stati dell’Africa occidentale (Cedeao).