Un passo indietro del Movimento 5 Stelle verso le richieste delle opposizioni favorisce l’esame del disegno di legge costituzionale sul referendum propositivo. Dopo aver ripetuto in tutti i modi che il quorum per questo nuovo referendum non doveva essere previsto, i 5 Stelle con la relatrice in commissione affari costituzionali Dadone hanno detto sì all’introduzione di una soglia di validità per la consultazione. Introducendo il quorum non dei partecipanti ma dei favorevoli, così com’era stato proposto durante le audizioni dal costituzionalista Volpi e poi dal Pd e dal radicale di +Europa Magi. Dadone ha dato parere favorevole all’emendamento Pd a prima firma Ceccanti: perché il referendum sia considerato valido non ci sarà più un limite minimo di affluenza ma i voti favorevoli dovranno rappresentare almeno il 25% degli aventi diritto. E non solo il nuovo referendum propositivo, ma anche il vecchio abrogativo perché, com’è giusto, la novità viene inserita non solo nell’articolo 71 della Costituzione, riscritto, ma anche nel 75.

Si dice soddisfatta la Lega che aveva chiesto il quorum ma che sta evidentemente giocando su due tavoli, dal momento che ha bisogno del sì dei grillini alla legittima difesa che è già alla seconda lettura. I 5 Stelle, ministro Fraccaro in testa, spiegano che sul referendum è comunque salvo il loro obiettivo, quello di togliere ai contrari l’arma dell’astensione, visto che in questo modo anche i contrari sono incentivati a votare. La soluzione è generalmente accolta come un passo in avanti dai i costituzionalisti che avevano avvertito dei rischi di un referendum senza quorum (quasi tutti) ma non da Pertici, uno dei più disponibili verso la proposta 5 Stelle, che avrebbe preferito il quorum «mobile» sulla base dei votanti delle ultime elezioni o nessun quorum. Il quorum del 25% dei favorevoli (oltre 12mila elettori, in questo momento) in passato avrebbe rovesciato l’esito di due consultazioni referendarie delle otto che dal 1990 in poi hanno visto tutti i quesiti bocciati per mancato raggiungimento dell’affluenza minima. Una delle due è proprio la più recente, quella del 2016 contro le trivellazioni in mare (13 milioni e 300mila sì ma affluenza ferma al 31%).

Ieri sera la commissione ha concluso i lavori avendo esaminato, e bocciato, una cinquantina di emendamenti, ne restano all’incirca altri duecento. L’obiettivo di concludere entro il 15 gennaio appare a portata di mano, la riforma costituzionale è all’ordine del giorno dell’aula di Montecitorio il giorno dopo. La relatrice ha dato parere favorevole anche a un altro emendamento del Pd che alza l’asticella della legge di attuazione. Una legge importante perché secondo il testo base della riforma costituzionale dovrà disciplinare aspetti delicati come il possibile concorso di più proposte di legge popolare (che se non approvate dal parlamento entro sei mesi vengono sottoposte a referendum propositivo) o l’effettiva copertura delle maggiori spese secondo le previsioni dei promotori. Diventa adesso una legge «rinforzata» per la quale è richiesta l’approvazione a maggioranza assoluta.

La relatrice ha poi riformulato un emendamento di Forza Italia (accogliendo anche proposte di Leu e Fratelli l’Italia) che impone il controllo preventivo della Corte costituzionale sull’ammissibilità della proposta di legge popolare (e del conseguente referendum) dopo la raccolta di almeno 200mila delle 500mila firma previste (prima era un passaggio eventuale, a richiesta dei promotori). Un controllo non di costituzionalità ma di più semplice ammissibilità, sulla quale però le posizioni tra maggioranza e opposizione restano distanti. I 5 Stelle insistono nel voler mantenere più larghi i confini del referendum propositivo rispetto a quello abrogativo, consentendo anche quesiti sulle leggi tributarie e sugli accordi internazionali.