Dalla finestra del Peter’s Coffee Shop di Dandong si vede la Corea del Nord. Il locale è sul lungo fiume della città nella Cina nordorientale, al confine con il regime. Un centinaio di metri più in là inizia il ponte dell’Amicizia sulla cui linea monorotaia viaggiano merci e transfrontalieri nordcoreani che vanno a lavorare per le imprese cinesi. Il proprietario del Peter’s Coffeee Shop è Kevin Garratt, cittadino canadese da trent’anni in Cina, gli ultimi due passati agli arresti con l’accusa di spionaggio e liberato soltanto nei giorni successivi al G20 ospitato ad Hangzhou per merito del lavoro diplomatico del premier Justin Trudeau. Oltre a servire caffè e dolci ai visitatori, Garratt faceva parte di una missione cristiana, con l’intento di dare assistenza e pasti ai nordcoreani lungo il confine.

Tempo fa in rete circolava anche un suo presunto sermone, ora rimosso. Garratt attribuiva a dio la scelta di trasferirsi a Dandong e sosteneva che la maggioranza dei nordcoreani che aveva incontrato sarebbero anche potuti rimanere in Cina, ma decidevano di tornare indietro per portare i Vangelo ai loro connazionali ancora il regime dei Kim. Le organizzazioni religiose nordcoreane esistono, ma di fatto sono soltanto cinghie di trasmissione della propaganda di Pyongyang, la cui vera fede è nel juche, il sistema dell’autosufficienza che Kim Jong Il contribuì a far assurgere a ideologia per idealizzare la figura del padre e fondatore della patria Kim Il sung, assicurandosi in questo modo la successione al potere. Nella pratica il regime è considerato uno dei peggior persecutori della libertà di culto nonostante proprio l’Eterno presidente Kim Il sung fosse figlio di un pastore presbiteriano e una delle chiese della capitale sia dedicata alla madre, Kang Ban Sok, il cui non deriverebbe da una delle prime traduzioni in coreano di Pietro.

Nella rubrica Ask a North Korean tenuta dal sito NK News un rifugiato scappato da Pyongyang nel 2005 tracciava diverse analogie tra il cristianesimo e il socialismo, così come concepito dai Kim. I dieci principi per un’unica ideologia dell’Eterno leader sono un rimando ai comandamenti di Mosè. L’architrave dinastica del regime poggia sulle figure del padre e del figlio. La scelta di conferire al defunto Kim Il sung la carica perpetua di presidente rimanda al concetto di immortalità anche dopo la morte. È affinità con la religione hanno anche il continuo richiamo alla confessione e al perdono del leader.

Il messaggio biblico portato dai gruppi cristiani ha quindi presa facile sui chi fugge dal Nord e al Nord a volte torna come missionario, con il rischio di essere condannato a morte. Senza nulla levare alla volontà di aiutare i profughi e i disertori, anche i gruppi cristiani o almeno alcuni di essi, rischiano di sfruttare chi vorrebbero proteggere come un strumento per portare avanti una propria agenda politica e alimentare la paranoia del regime. Agli occhi del potere nordcoreano la religione diventa un’ideologia alternativa e quindi una minaccia all’unico fine che si pone: perpetrare sé stesso. Il semplice sospetto che le organizzazioni non governative confessionali siano infiltrare della Cia, come rivelato lo scorso anno da Intercept fomentano tali paure.

A farne le spese sono gli stranieri che improvvidamente si avventurano nel Paese con la Bibbia nel bagaglio con l’intento di fare proseliti. Non è per caso quindi che a ogni arresto di uno straniero in Corea del Nord, in genere con passaporto statunitense o sudcoreano, spunti fuori un qualche collegamento a chiese o congregazioni.
Otto Warmbier, lo studente 21enne arrestato a gennaio per aver tentato di rubare un manifesto di propaganda («un crimine contro lo Stato») per portarlo come trofeo a una chiesa metodista dell’Ohio. Sorte simile era capitò al missionario americano, di origini coreane, Kenneth Bae condannato a 15 anni di lavori forzati, che trascorse in prigionia 735 giorni prima di essere scarcerato per ragioni di salute nel 2014.

È invece ancora in cella il pastore presbiteriano canadese, Hyeon Soo Lim, arrestato durante un viaggio per ragioni umanitarie e condannato all’ergastolo. L’accusa: volere rovesciare il governo con «attività religiose».