Internazionale

Lula in cella, Curitiba capitale della resistenza

Lula in cella, Curitiba capitale della resistenzaSostenitori di Lula davanti al Dipartimento di polizia federale di Curitiba protetto da agenti in tenuta anti sommossa – Ap

Non si arresta «Pellegrinaggio» di lotta nella città in cui il giudice Moro è riuscito a ottenere il suo trofeo. Offensiva anche nei tribunali per ottenere la liberazione dell’ex presidente, vittima di "lawfare".

Pubblicato più di 6 anni faEdizione del 10 aprile 2018

La parola d’ordine è non dare tregua. Fino a quando Lula, «il primo prigioniero politico» dalla fine della dittatura, come lo ha definito la presidente del Pt Gleisi Hoffmann, non verrà rimesso in libertà, i militanti resteranno accampati nei pressi della Polizia federale di Curitiba. La città in cui il giudice Sérgio Moro è riuscito a ottenere il suo ambito trofeo – il fondatore del Pt dietro le sbarre – diventerà così, ha annunciato il Comitato popolare in difesa di Lula e della democrazia, la capitale della resistenza e della lotta, «luogo di pellegrinaggio per tutti coloro che in Brasile e nel mondo lottano per giustizia, democrazia, rispetto dei diritti fondamentali».

E mentre persone da ogni parte dello Stato continuano ad arrivare all’accampamento, sono già previste visite di funzionari e di politici interessati a verificare le condizioni in cui si trova l’ex presidente, il quale comunque sta passando i suoi primi giorni in carcere «tranquillo e sereno».

L’OFFENSIVA PRO-LULA prosegue anche nei tribunali, dove c’è attesa per la mossa annunciata dal ministro della Corte Suprema Marco Aurélio Mello, il quale intende proporre al plenario del Stf, nella sessione di mercoledì, l’analisi di un provvedimento di urgenza diretto a impedire l’arresto dei condannati in secondo grado, su richiesta degli avvocati Antônio Carlos de Almeida Castro, Cláudio Pereira de Souza Neto e Ademar Borges de Sousa Filho, per conto del Partido Ecológico Nacional.

Ma al di là dello stravolgimento costituzionale effettuato dai ministri della Corte Suprema nel 2016, con la decisione di consentire l’inizio dell’esecuzione della pena già dopo la condanna in appello, è tutto l’operato della giustizia brasiliana a ricevere denunce dentro e fuori il Brasile.

CHE LULA SIA VITTIMA di lawfare, cioè dell’uso del processo legale per fini politici, è la convinzione di innumerevoli giuristi, alimentata, peraltro, da dichiarazioni come quella pronunciata il 2 aprile da Luís Roberto Barroso, uno dei ministri del Stf che ha votato contro l’habeas corpus di Lula, il quale si è detto convinto della necessità che la Costituzione vada interpretata «in sintonia con il sentimento sociale». Un giudice, ha commentato estrerrefatto l’avvocato Wagner Francesco, «non deve lasciarsi guidare dal sentimento sociale, perché non è stato chiamato a rappresentare gli interessi del popolo. Chi deve farlo è il Congresso, che è stato eletto per questo. Credo quindi che il giudice Barroso occupi il posto sbagliato».

Lo aveva detto anche Lula, nel suo discorso a São Bernardo di Campo, accusando i giudici proprio di subalternità alla stampa e al suo processo di costruzione dell’opinione pubblica: «Chi prende decisioni sulla base dell’opinione pubblica si tolga la toga e si candidi in un partito».

QUANTO AL SENTIMENTO sociale con cui Barroso è in sintonia, non c’è dubbio che sia quello coltivato con impegno dai grandi mezzi di comunicazioni, con la potentissima Globo in testa, fin dalle elezioni del 2014, allo scopo di far passare l’idea che i governi del Pt fossero i più corrotti della storia del Paese e per questa via distruggere Lula come simbolo della sinistra brasiliana. Lo stesso sentimento anti-petista che si è tradotto nei festeggiamenti da parte di militanti di destra al momento del suo arresto, tra cori e fuochi di artificio, proprio mentre gli agenti della polizia federale reprimevano con tanto di gas lacrimogeni i sostenitori dell’ex presidente che manifestavano pacificamente dinanzi alla sede della polizia a Curitiba. Lo stesso sentimento che ha ispirato le parole di una persona non identificata, forse un operatore di volo, rivolte al pilota dell’aereo che stava conducendo Lula a Curitiba: «Leva e não traz nunca mais» (letteralmente: portalo lì e non riportarlo più indietro), come emerso da un audio divulgato dal portale R7. Mentre in un secondo audio, a cui ha avuto accesso il Jornal do Brasil, si sente una voce maschile che dice: «Getta quel rifiuto fuori dal finestrino».

PAROLE GRAVISSIME, considerando che a pronunciarle deve essere stato, come nota il quotidiano brasiliano, qualcuno coinvolto «nella gestione dello spazio aereo, un’attività di sicurezza nazionale».

I consigli di mema

Gli articoli dall'Archivio per approfondire questo argomento