Volantini rossi che indicano ai veneziani i rifugi antiaerei sparsi qua e là: è l’azione lanciata dal padiglione dell’Ucraina alla Biennale per disorientare e insieme ricordare la guerra in corso. La mostra collettiva, Net Making, a cura di Viktoria Bavykina e Max Gorbatskyi, prende spunto dalla pratica dei civili di tessere collettivamente reti mimetiche. Un atto comunitario che viene qui restituito come simbolo di resistenza di fronte alla guerra. Alterità, vissuti personali, trasformazione dei propri linguaggi sono i temi che attraversano il padiglione con i lavori degli artisti Katya Buchatska, Andrii Dostliev e Lia Dostlieva, Daniil Revkovskyi, Andrii Rachynskyi, Oleksandr Burlaka (che hanno anche collaborato con i cittadini del loro paese).

Repeat after Me II, la mostra ospitata nel padiglione della Polonia ai Giardini (a cura di Marta Czyz) consiste in un’installazione del collettivo ucraino Open Group, composta da due film. Tutti i protagonisti sono rifugiati che raccontano le loro esperienze di guerra attraverso il suono delle armi. Gli artisti hanno utilizzato il formato del karaoke per la narrazione bellica. La colonna sonora però non è costituita da canzoni di successo, ma da spari, missili, boati ed esplosioni, e i testi sono descrizioni di armi fatali.

L’Ucraina a Venezia è presente anche nella rassegna collaterale a Palazzo Ca’ Tron, From Ukraine: Dare to dream del Pinchuk ArtCentre. Un arazzo di storie all’ombra dei conflitti globali, con 22 artisti e collettivi.