Luca Paladini è un nuovo protagonista della politica milanese. Negli ultimi anni ha saputo riempire le piazze virtuali dei social network quanto quelle reali, incrociando la mobilitazione su un tema caldo come quello dei diritti degli omosessuali con quella su altri diritti civili, compresi sotto l’ombrello comune della laicità e dell’antifascismo. L’ha fatto con il movimento dei «Sentinelli» di cui è stato portavoce. Con loro, nel febbraio scorso, per la prima volta il movimento lgbt è arrivato in piazza Duomo, mentre la pagina facebook ha superato i 60mila iscritti.
Paladini, 46 anni, impiegato in una struttura sanitaria, tre volte eletto con i Ds in consiglio di zona, stavolta prova il salto candidandosi con la lista arancione «Sinistra x Milano» che sostiene Beppe Sala. Una partenza complicata: Paladini entra in lista, poi esce sbattendo la porta, infine rientra in seguito agli appelli della capolista Daria Colombo e dello stesso Sala. Avrebbe potuto essere tra i «jolly acchiappavoti», si ritrova al 26esimo posto. «Resto dell’idea che avrebbero potuto essere maggiormente valorizzate quelle figure espresse dalla società civile che rischiano di rimanere nascoste, mica solo io». La sua campagna va avanti nel solco già tracciato, tra buon uso dei social e proposte mirate all’estensione dei diritti di tutti, parlando di disabili come di rette di asili nido più accessibili, oltre che del mondo lgbt.

Pace fatta all’interno della lista?

Direi di sì: credo sia chiaro a tutti quanto il risultato di SxM sia importante per vincere. Sarà determinante anche per coinvolgere al ballottaggio l’elettorato che oggi guarda a Basilio Rizzo. È chiaro che un Pd fortemente egemone lo terrebbe lontano, mentre nella nostra lista ci sono più figure in grado di parlare a quel mondo.

Credi ancora che queste elezioni si vincano a sinistra?

Assolutamente sì, e sarebbe bene che tutti, compreso Beppe Sala, ne prendessero coscienza. La storia recente di Milano dimostra che un candidato di sinistra non spaventa nessuno e anzi mobilita e aggrega. I fallimenti nascono dal bisogno estremizzato di essere rappresentati al centro.

Ma questo ragionamento non è in contrasto con la figura stessa di Sala? Che cosa rispondi a chi pensa sia la fotocopia di Parisi? 

È un mantra precostituito, quando i due prendono posizione su temi concreti si capisce come il racconto per cui Sala sarebbe estraneo alla sinistra si smonta. Tre esempi: il Leoncavallo, che anche Sala vuole legalizzare, la moschea che vuole costruire, la sua partecipazione alla festa delle famiglie arcobaleno. È un moderato, che però conferma di avere posizioni progressiste. Per non parlare delle coalizioni a sostegno, e del fatto che Parisi ha ampiamente dimostrato di non controllare la sua, e di essere in contrasto con le posizioni della Lega.

Però non si può prescindere dal contesto nazionale e dalla conflittualità tra il Pd renziano e la sinistra, che anche la campagna referendaria sta sottolineando.

Non si può guardare Sala e vedere Renzi. Leggere queste amministrative in chiave nazionale è un errore: quello a cui tengo io è l’interesse cittadino, e credo che la nostra sia l’unica strada percorribile per praticare un’azione di governo simile a quella che abbiamo conosciuto in questi 5 anni. All’interno di SxM, in particolare, c’è gran parte di quel mondo, figure che sono il frutto del clima culturale di questi anni, a partire dalla mia. Che a quell’esperienza fanno riferimento. Lo stesso vale se parliamo di referendum: sulla qualità di vita dei milanesi il voto di Sala o del Pd non incide. E comunque, mi piacerebbe che l’elettorato di Rizzo rivolgesse a Parisi almeno la metà delle critiche che di solito muove a Sala.

Resta il fatto che i due contendenti, secondo i sondaggi, sarebbero più o meno appaiati, e che la campagna non riesce a decollare in un clima che nulla ha a che vedere con il 2011: com’è stato possibile dilapidare in così breve tempo un prezioso patrimonio di partecipazione?

Il contesto nazionale non ha aiutato, a partire dai profondi cambiamenti interni al Pd. In più, la storia recente racconta di primarie molto divisive, che hanno ferito e disorientato gran parte del centrosinistra. Aggiungo, come nota critica, che questa giunta ha ascoltato troppo poco la sofferenza delle classi sociali più disagiate. E chiudo sottolineando la voglia di protagonismo a sinistra di questa coalizione, la responsabilità di chi in modo velleitario considera una conquista il 4 e qualcosa per cento. Detto questo, è chiaro che raccontare la liberazione di una città ha un potere evocativo fortissimo, mentre chiamare alla conferma del buon lavoro svolto ha una forza di trascinamento inferiore. Ma sono anche convinto che, alla fine, l’astensionismo non sarà molto elevato.