Vera è ossessionata dalla bellezza forse perché da piccola a casa sua era la cosa più importante, era persino peggio diventare grassi che drogarsi dice al fidanzato regista bellissimo quando lui si lamenta della sua insistenza a ripetergli che è bello. Chi è Vera? Una donna inquieta che lavora nello spettacolo, malinconica, che sembra cercare qualcosa, per esempio sottrarsi alla figura del padre adoratissimo, e bello anche lui mentre lei sin da ragazzina l’avevano guardata male per la sua faccia strana.

VERA è Vera Gemma, figlia di Giuliano Gemma, attrice, personaggio televisivo – è stata a lungo sull’Isola dei famosi – protagonista del nuovo film di Tizza Covi e Rainer Frimmel che da lei prende il nome, in cui i due registi continuano quel lavoro in una forma cinematografica iniziato ai tempi della Pivellina. Una messinscena cioè sul confine tra realtà e narrazione, in cui ciascuno dei protagonisti è un po’ «persona», portandosi dietro la propria storia, ma in una distanza che lo rende«personaggio».Eccoci allora nel quotidiano di Vera, che ha un autista un po’ malandato e anziano (Walter Saabel, già nei precedenti film della coppia) perché dopo che suo padre è morto in un incidente di auto non riesce più a guidare. Che passa nei provini di registi alla ricerca di «volti antichi» – lei è troppo moderna – e che adorano suo padre. Che la notte chiede al giovane tassista di dormire con lei, che chiude i bar per un ultimo «shottino» e con la chioma biondissima dice alla giovane barista che il suo modello di bellezza sono i trans, specie Eva Robins. E che con l’amica del cuore Asia Argento condivide le confidenze e l’incertezza di una fragile solitudine. Poi un giorno l’autista per una distrazione investe un motorino con un bimbo e suo padre in una strada della periferia romana; il ragazzo è giovane e arrabbiato, il bambino silenzioso, il referto è un braccio rotto, Vera decide di volersi occupare di quel ragazzino che ha perso pure la mamma da poco, il padre fa qualche lavoretto e la nonna non sembra essere in una situazione florida. Sono persone come tante, ma il ragazzo è violento con Walter che sospetta di lui, lo vede come un truffatore che vuole storcere da Vera denaro con la scusa dell’incidente.

Il film si gioca proprio su questo bordo di «realtà» in una relazione, quella tra i registi e la loro protagonista e il suo mondo che pian piano si svela nei suoi conflitti dolorosi e in una ricerca di qualcosa che sfugge sempre.

LEI PERÒ, come le dice l’amica è testarda, continua a vederli anche se in una discussione con qualcuno che lo accusa il ragazzo le ha tirato un pugno. È il sentimento di sentirsi responsabile? È il desiderio di essere utile, di stare vicino a quel bimbo? Lo fa per loro, lo fa per se stessa? E se invece fosse davvero soltanto un imbroglio?
Ma Vera – presentato nel concorso Orizzonti, aperto ieri da un altro ritratto femminile, Princess di Roberto De Paolis – si gioca proprio su questo bordo di «realtà» in una relazione, quella tra i registi e la loro protagonista e il suo mondo che pian piano si svela nei suoi conflitti dolorosi e in una ricerca di qualcosa che sfugge sempre. Non è il biopic di Vera Gemma che Covi e Frimmel cercano, pure se i frammenti del suo vissuto lo attraversano nei filmini famigliari con lei bimba e il suo meraviglioso padre al mare, nelle conversazioni insieme alla sorella, tra i ricordi di un’infanzia passata sui set, nell’amore di Vera per il cinema. Tutto questo pian piano si apre per comporre l’immagine di una persona, di una donna, e il suo interrogare se stessa attraverso il confronto con un mondo che le sfugge, che non conosce e col quale non può che finire in un violento scontro. Forse ingenua o forse troppo sbadata o presuntuosa o disarmata chissà in quella geografia romana che traccia ancora confini invisibili – la stessa poi dei film di Covi e Frimmel. Rimane il sentimento di una sconfitta o quello di una presa di consapevolezza, il dolore di un tradimento. La vita nelle sue forme impreviste che Vera riesce a rendere con le sue contraddizioni.