Con diabolica perseveranza, il neo-ministro dell’interno James Cleverly – il successore di Suella Braverman, a sua volta successora di Priti Patel – ha ri-visitato ieri Kigali, capitale del Ruanda, per siglare un nuovo trattato che permetta alla Gran Bretagna di sbarazzarsi dei migranti «clandestini». L’ennesima visita in Africa orientale dell’attuale occupante del tormentato dicastero serve a soccorrere la policy dopo il suo quasi fatale siluramento ad opera della Corte suprema britannica. Lo scorso mese infatti, il terzo grado di giudizio aveva sentenziato che l’operazione violava i diritti umani dei richiedenti asilo, sottolineando come il Ruanda non fosse considerato una meta sicura in quanto dedito alla pratica del cosiddetto «respingimento» (refoulement) del malcapitato verso il paese di provenienza o un paese terzo dove la sua vita potrebbe essere messa in pericolo.

Tutte obiezioni che Cleverly e il suo ospite, il ministro degli esteri ruandese Vincent Biruta, hanno cercato di accogliere garantendo proprio attraverso questo nuovo trattato – il cui costo extra andrà a alleggerire le tasche dei contribuenti – il rispetto delle condizioni di accoglienza, il disbrigo delle domande di asilo, il trattamento dei e il sostegno ai migranti. A questo fine, un drappello di avvocati britannici sarà spedito in Ruanda per costituire una corte di appello coadiuvata a sua volta da una commissione indipendente di giudici del Commonwealth mentre, ai Comuni, la maggioranza promulgherà una legislazione emergenziale che garantisca alla Corte la legalità di tutta l’operazione, voyeuristicamente osservata da vari paesi europei.

Ci sono ottime probabilità che il volo di Cleverly non sia utile: intanto mancano garanzie a che il governo riesca a mettere qualcuno sull’aereo per Kigali entro la primavera prossima come disperatamente vorrebbe motivi elettorali (il Ruanda ha finora incassato 140 milioni di sterline a fronte di ancora nessun trasferimento). In secondo luogo, la legislazione emergenziale proposta per aggirare il parere della Corte sarebbe un’ennesima anomalia costituzionale che non è nemmeno detto passi, dal momento che i Tories sono spaccati: da una parte gli ultrà euroscettici, che vorrebbero il Paese fuori della Convenzione europea dei diritti umani; dall’altra i moderati “caritatevoli” del gruppo One Nation, che non vogliono approfondire il già ampio golfo che separa il paese dall’Ue. Per tacere del fatto che non esiste alcuna prova oggettiva della funzione deterrente del piano nei confronti di chi rischia la vita per attraversare la manica su una pericolosa bagnarola.

Fermarle, le pericolose bagnarole, è l’unico gancio a cui aggrappare una (im)possibile vittoria elettorale per un governo dato spacciato dai sondaggi: la migrazione netta è salita a un record di 745.000 nel 2022, non esattamente il “take back control” promesso da Boris Johnson, primo fautore del trattato nell’aprile dell’anno scorso. Anche per questo, Sunak ha annunciato un rialzo sostanziale del salario minimo necessario ai lavoratori qualificati perché siano ammessi nel Regno Unito.