Dalla settimana scorsa, raffinerie petrolifere e depositi di carburante in tutto il territorio nazionale sono occupati da lavoratori e militanti, in stragrande maggioranza della Cgt, decisi ad andare avanti fino al ritiro della Loi Travail, la riforma del codice del lavoro. Il carburante comincia seriamente a scarseggiare, soprattutto in Bretagna, Paesi della Loira e Normandia, con importanti conseguenze anche nella regione di Parigi.

La situazione è in costante evoluzione, con occupazioni dei lavoratori e requisizioni da parte delle forze dell’ordine che si alternano senza sosta. Secondo il sindacato, attualmente, le otto raffinerie del paese sono ferme, o comunque interessate da blocchi e rallentamenti della produzione. Diverso il discorso per porti e depositi di carburante, soprattutto nel nord-ovest, dove alle occupazioni vere e proprie, sono seguiti ieri, in alcuni casi, dei cosiddetti filtraggi del traffico. Sempre ieri mattina, all’alba, le forze dell’ordine hanno usato il pugno di ferro con gli occupanti della raffineria di Fos-Sur Mer (nel sud del paese). I militanti Cgt, presenti sul posto, hanno denunciato le violenze dei reparti mobili della polizia, al momento dello sgombero del sito. Ma è nella raffineria Total di Donges (sull’estuario della Loira), che l’occupazione sembra destinata a continuare. Ieri, i manifestanti avrebbero momentaneamente tolto il blocco al porto di Saint Nazaire, per dare sostegno agli occupanti della raffineria, dove si troverebbero in questo momento duecento militanti dei sindacati.

Quello che invece non sembra cambiare, è il muro contro muro che sta opponendo il governo al sindacato. Nonostante la stragrande maggioranza dei francesi non condivida l’impianto della riforma (secondo i sondaggi le percentuali si aggirano intorno al 70%), il presidente Hollande e il primo ministro Valls non sono disposti a fare passi indietro, e parlano della Cgt come di una minoranza che si permette di tenere in ostaggio un paese intero. Di segno opposto la posizione di Philippe Martinez, segretario della Cgt. La sua richiesta è sempre la stessa: il ritiro immediato della legge. Per quest’ultimo, il blocco dei depositi d’idrocarburi e delle raffinerie rappresenta un modo per giungere all’obiettivo. E in effetti, questa strategia potrebbe non essere del tutto campata in aria. Un segnale, in questo senso, sarebbe costituito, almeno secondo Martinez, dalle rassicurazioni del ministro dei trasporti ai camionisti in sciopero, ai quali è stato comunicato che il taglio del pagamento delle ore straordinarie (uno dei punti più discussi della riforma) non riguarderà il loro settore.

Intanto, però, nonostante i prefetti parlino da giorni di un immediato ritorno alla normalità nell’approvvigionamento di carburante, le stazioni di servizio sono costrette a chiudere per mancanza di prodotto, soprattutto nel nord-ovest. Quelle che riescono a farsi rifornire dalle autocisterne sono prese d’assalto dagli automobilisti. In un primo momento questa evidente penuria di benzina e gasolio è stata addebitata a una sorta di psicosi, che avrebbe portato i cittadini ad affollare senza ragione le stazioni di servizio, dove i rifornimenti sono, in ogni caso, razionati. Eppure, anche se il governo insiste con dichiarazioni tranquillizzanti, sulla presenza di riserve strategiche, la situazione non migliora. La Total ha già minacciato di rivedere drasticamente i suoi investimenti nel paese. La prossima mobilitazione è prevista per domani, quando i sindacati sperano di giungere a quella convergenza delle lotte che non ha ancora trovato piena realizzazione in uno sciopero generale.