La partita Ucraina, che torna pericolosamente sul filo del rasoio in queste ore, ha come giocatori la Russia di Putin e l’America di Biden, dietro la quale arranca l’Unione europea mentre il resto del mondo se ne disinteressa. Chi ha cominciato per primo? Si son mossi quasi all’unisono a protezione del proprio buon nome, a difesa dei propri interessi. Biden ha il terrore di perdere le prossime elezioni di midterm e intanto non riesce a realizzare gli impegni presi in politica interna e perde sempre più consensi. Un’iniziativa di politica estera era per lui una boccata d’aria, per di più se rivolta contro il nemico Putin, con l’aiuto dei paesi europei ex sovietici e con il supporto – obtorto collo – dei paesi europei in ansia per i tanti legami con la Russia. Biden si è affidato a Anthony Blinken, il suo segretario di stato, i cui antenati erano ucraini, perché facesse le mosse giuste per far saltare i nervi a Putin.

E le mosse «giuste» sono quelle che mettono in campo l’ampliamento della Nato nei territori ex sovietici.

Difficile scommettere su quale intelligence abbia agito con maggior successo, certo è che in un breve giro di tempo la povera Ucraina è stata circondata da forze militari russe mentre da Washington partiva l’allarme sulla guerra imminentissima contro Kiev. I mass media europei, più ancora di quelli americani, hanno strumentalizzato la questione ucraina alimentando una psicosi da guerra inevitabile come fossimo negli anni quaranta del Novecento. Inutilmente il presidente-attore dell’Ucraina pregava di abbassare il livello d’allarme che danneggiava il suo paese e il suo governo.
E in queste ore, non a caso a forza di evocare lo scontro, il clima si arroventa di nuovo.

Difatti non è Kiev l’obiettivo della partita in corso ma la Russia post sovietica, la sua pretesa di tornare a contare al tavolo dei grandi. Una pretesa che ha portato ad un sofisticato ammodernamento dell’apparato strategico-militare e a un attivismo nei conflitti extra europei, tradizionalmente di spettanza Usa.
La reazione di Washington è stata di ricordare alla Russia il suo essere una ex potenza sconfitta. E per farlo la politica scelta riguarda il nodo ancora aggrovigliato tra le ex repubbliche ex sovietiche e il Cremlino, usando la Nato e la sua promessa di accogliere anche i territori ai confini della Russia. Come l’Ucraina, un paese di 44 milioni di abitanti, da secoli denominata «la piccola Russia», dove lingua, cultura, economia, politica, corruzione in nulla si distinguono dalla «grande Russia». Gli ultimi tre segretari generali del Pcus Chruscev, Brezhnev, Chernenko erano ucraini, poi è arrivato Gorbachev e poi Yeltsin e infine Putin con la sua strategia di ridare alla Russia un ruolo attivo. Le sue «pretese» non sono state prese sul serio da Washington sino ai casi della Georgia e poi della Crimea. Sino ad essi la reazione era di «punirlo» cacciandolo dal G7, e con sanzioni.

La risposta del politico professionale Putin, ben compresa da Kissinger, suo aperto estimatore, è stata il consolidamento del rapporto con Xi. Cina e Russia sono uniti nell’obiettivo di porre fine all’egemonia americana. Le prime iniziative cinesi hanno riguardato i paesi non bianchi, non cristiani, le ex colonie dove più semplice era ed è offrire investimenti, assistenza tecnica, istruzione e sanità e averne riconoscenza.

Il successo avuto con il soft power ha spinto ad iniziative di hard power dirette in zone border line come la Siria e il Libano per le quali l’intesa con il Cremlino è innanzitutto geopolitica e poi necessaria per la conoscenza russo-europea di quei paesi.

Se Asia e Africa sono di competenza cinese, alla Russia spetta l’Europa. Con quella occidentale vi sono legami economici, la dipendenza da materie prime, e mille fili culturali comuni.

Con i paesi dell’Europa dell’Est il passato ex sovietico non passa. Mosca ha continuato a rifornirli di gas e petrolio a prezzi contenuti, l’Unione Europea li sovvenziona generosamente, sono nella Nato eppure non ancora raggiungono quell’equilibrio politico di stati-nazione autonomi. Inseguono una grande potenza che li protegga e l’hanno trovata nell’America, prima in quella di Clinton e poi tra alti e bassi in Biden. Nella Nato di Biden. Nel segretario di Stato di Biden, Blinken, che viene dalle loro terre. La questione dell’Ucraina è nata e cresciuta in un tale contesto.

Le provocazioni di Putin e la risposta «al lupo, al lupo» di Biden hanno avuto intanto due effetti: l’Unione europea è quasi convinta che non le conviene stare sottomessa alle iniziative americane riguardo se stessa; la Cina ha messo sotto esame Putin e il suo saper fare in Europa.