«Per accogliere i profughi dall’Afghanistan non occorre per forza essere tutti d’accordo, si può decidere anche a maggioranza». Parlando al meeting di Cl in corso a Rimini, Paolo Gentiloni mette in discussione una delle regole Ue ritenute finora – seppure con qualche dubbio – intoccabili, quella che prevede per alcune materie che i 27 procedano prendendo decisioni all’unanimità. Regola che in teoria dovrebbe sottolineare la compattezza degli Stati membri di fronte a questioni particolarmente delicate – come la politica estera o, come in questo caso, la crisi afghana – e che in passato è stata voluta anche dall’Italia, quando temeva che sull’immigrazione da Bruxelles potessero arrivare decisioni in grado di danneggiarla. Ma che invece negli ultimi anni si è trasformata più che altro in un freno. Perché tutto si blocchi basta infatti che un solo Paese, al di là del suo peso politico, ponga il veto facendo precipitare l’intera Unione nell’immobilismo. Proprio su questioni come l’immigrazione succede almeno dai sei anni, dalla crisi dei siriani del 2015.

A maggio scorso, parlando con il capo della diplomazia Ue Josep Borrell, anche Enrico Letta aveva chiesto di andare oltre l’unanimità, definita dal segretario del Pd come «la disgrazia dell’Ue». La cosa cadde lì, anche perché nessuno allora poteva immaginare che nel giro di tre mesi ci saremmo trovati di fronte a scene come quelle viste in questi giorni a Kabul. Per questo Gentiloni, parlando da commissario europeo per gli Affari economici, spiega che adesso è arrivato il momento di andare oltre.

Adesso che decine di migliaia di afghani premono per lasciare il Paese, mentre i 27 sono come al solito divisi sul che fare, se accoglierli o meno. «E noi che facciamo? Ci giriamo dall’altra parte? Facciamo finta di niente?», chiede alla platea del meeting. «L’Ue ha il dovere di lavorare sull’accoglienza. Rispetto l’unanimità, ma so che non ci sarà mai e ci sarà sempre qualcuno contrario a politiche di accoglienza e a quote di immigrati legali. Niente alibi. Si può fare anche a maggioranza. Orbán e altri non saranno d’accordo ma fa parte delle nostre regole».

Il commissario europeo se la prende poi anche con il leader sloveno Janez Jansa, presidente di turno della Ue, che domenica aveva detto che «l’Unione non aprirà corridoi per i migranti afghani». «Non spetta a lui decidere», è la risposta secca. «Il presidente di turno dell’Unione europea è il leader di uno dei 27 Paesi e in quei sei mesi di turno coordina l’attività, non ha poteri decisionali di alcun tipo».

Bisogna vedere adesso se e quanto l’invito di Gentiloni a procedere mettendo da parte l’unanimità verrà seguito dai leader europei. Che l’Ue sia divisa sui profughi non è certo un mistero per nessuno, al punto che ieri sia il premier ungherese Viktor Orbán che quello austriaco Sebastian Kurz sono tornati a farsi sentire: «Proteggeremo l’Ungheria dalla crisi dei migranti», ha avvertito primo chiedendo di sostenere i Paesi confinanti con l’Afghanistan e la Turchia: «Mandiamo assistenza lì, non portiamo problemi qui», ha spiegato. Non diverse le parole di Kurz: «Gli eventi in Afghanistan sono drammatici – ha detto il cancelliere – ma non dobbiamo ripetere gli errori del 2015. La gente dell’Afghanistan dovrebbe essere aiutata negli Stati vicini».

Ma il fronte di chi non vuole «un altro 2015» va oltre, fino a comprendere Paesi come Germania e Grecia, con Atene che ha completato lungo il fiume Evros, confine terrestre con la Turchia, la costruzione di un muro lungo 40 chilometri con telecamere di sicurezza.

E la stessa cosa ha fatto la Turchia. Oltre a un muro a protezione della frontiera con l’Iran, via di fuga per quanti lasciano l’Afghanistan, Ankara ha annunciato ieri che dal primo settembre schiererà la Guardia costiera sul lago Van, situato al confine con l’Iran. Due imbarcazioni e 15 ufficiali pattuglieranno lo specchio d’acqua, uno dei più grandi del Paese, per intercettare possibili arrivi di profughi utilizzando anche sensori a infrarossi e telecamere. «Non diventeremo un hub per i rifugiati», ha avvertito il ministero degli Esteri.