Dove sono finiti, ai nostri occhi, i Balcani? Da quanto tempo abbiamo smesso di parlarne? Domande alle quali dovremmo cercare di rispondere. I Balcani sembrano collocati ben al di là dei nostri orizzonti, lontani dalla nostra prospettiva: appaiono svaniti, insomma, dalla carta geografica D’Europa. Ne è consapevole Francesco Ronchi, docente universitario e funzionario europeo, che ci invita dunque a riscoprirli attraverso i viaggi e gli incontri documentati nel volume La scomparsa dei Balcani. Il richiamo del nazionalismo, le democrazie fragili, il peso del passato (Rubbettino, pp. 138, euro 15).

L’AUTORE METTE IN RILIEVO come l’intera regione sia stata politicamente dimenticata dalla Ue che, nel corso degli ultimi 20 anni, ha preferito rivolgere la propria attenzione ai paesi un tempo satelliti dell’Urss lasciando così un grande vuoto nel cuore geografico e storico del Vecchio Continente. Si tratta però, a suo parere, di un vuoto apparente, giacché vi si agitano forze in grado di condizionare il futuro dell’intera Europa. Osserva lo studioso: «Spinte profonde che parevano sfumate sono riemerse con forza negli ultimi anni. Se, nei primi Duemila, la regione faceva passi avanti sul piano della riconciliazione e del superamento degli aspetti più mortiferi del suo passato, nell’ultimo decennio si è assistito a un moto contrario che ha, in parte, annullato i progressi precedenti».

Tra tali forze Ronchi individua in primis il nazionalismo serbo che, non privo di tratti autoritari e sensibile al culto dell’uomo forte, scuote tanto Belgrado quanto altri Paesi della regione e in particolare la Bosnia, una terra nella quale le tensioni vanno accumulandosi da tempo ormai immemorabile. Un nazionalismo che mira a frammentare la mappa politica dei Balcani su basi palesemente etniche da cui, peraltro, non sono affatto immuni il Kosovo né il Montenegro, pronti a loro volta a incendiarsi qualora se ne presentasse l’occasione.

UNA SITUAZIONE COMPLESSA e potenzialmente esplosiva, dunque, nella quale i vari nazionalismi appaiono legati l’uno all’altro e danno addirittura l’impressione di sostenersi a vicenda. In quella che resta una regione contesa, la Russia cerca di sfruttare i contrasti esistenti, utilizzando sia i legami storici e politico-culturali sia quelli coltivati in anni più recenti, per destabilizzarla; la Cina, dal canto suo, vi si è inserita attraverso una miscela di investimenti, prestiti, forniture di strumenti a elevato contenuto tecnologico mentre la Turchia non è certo rimasta a guardare ed è sempre più presente in Bosnia, Albania e Kosovo. Non si tratta dunque di una questione di secondaria importanza: essa rappresenta, al contrario, uno degli snodi dai quali passano le possibilità di un futuro al riparo da tensioni, focolai di crisi, conflitti.