Roma, Milano, Napoli, Bologna, Cagliari… ogni giorno si amplia la mappa delle iniziative sul sito ufficiale del movimento Non una di meno. Un movimento globale a cui partecipano oltre 40 paesi. In Italia, sta assumendo forza e visibilità, deciso a non lasciar cadere la sfida lanciata in piazza il 26 novembre. Allora, a Roma, hanno sfilato oltre 200.000 persone, moltiplicando i temi dello sciopero globale delle donne contro la violenza maschile. Un appello lanciato prima dalle polacche e poi dalle argentine, a seguito di alcuni efferati femminicidi. Per dire: «Se le nostre vite non valgono, noi scioperiamo».

UNA MAREA di giovanissime ha preso allora la testa del corteo, intercettando un desiderio di cambiamento strutturale, perché «strutturale» è la violenza che permea la società, strumento di controllo che «condiziona ogni ambito dell’esistenza»: in famiglia, al lavoro, a scuola, negli ospedali, in tribunale, sui giornali, per la strada… Due assemblee nazionali – 1500 donne, il 27 novembre a Roma, oltre 2000 il 4-5 febbraio a Bologna – hanno definito i tavoli di lavoro intorno ai quali articolare contenuti e iniziative per un’astensione totale dal lavoro produttivo e riproduttivo, il prossimo 8 marzo: : Lavoro e welfare; Piano Legislativo e Giuridico; Educazione alle differenze, all’affettività e alla sessualità: la formazione come strumento di prevenzione e di contrasto alla violenza di genere; femminismo migrante; sessismo nei movimenti; diritto alla salute sessuale e riproduttiva; narrazione della violenza attraverso i media. Obiettivo, stendere «dal basso» un Piano femminista nazionale contro la violenza di genere.

UNA SFIDA che ha interessato anche i sindacati. E se quelli di base (come Usb, Cobas…) e poi anche Flc-Cgil hanno indetto lo sciopero, dando copertura alle lavoratrici e ai lavoratori (le indicazioni concrete sono sul sito di Non una meno), non così è stato per i confederali. La Fiom ha risposto alla richiesta di incontro del movimento, ma ha precisato di non poter indire uno sciopero dalla connotazione politica, «difficilmente articolabile, comprensibile e perciò realizzabile nei luoghi di lavoro». Per la Cgil ha risposto la Segretaria generale Susanna Camusso – che era in piazza il 26 novembre -, dicendosi disposta a incontrare le donne, ma precisando la posizione del sindacato: «Care, parteciperemo a tutte le iniziative che si svolgeranno nei territori, insieme ai tanti soggetti che si mobilitano e, dove possibile, saremo promotrici di iniziative, dalle assemblee, alle manifestazioni, allo sciopero che siamo pronte a proclamare in ogni luogo di lavoro in cui se ne verifichino le condizioni e il consenso delle delegate e delle lavoratrici ad attuarlo». E ancora: «Siamo parte di questo movimento con la nostra elaborazione, le nostre relazioni, la voglia di continuo confronto e allargamento del movimento…»

GLI SQUILIBRI nel mondo del lavoro restano evidenti anche dagli ultimi dati Istat sull’occupazione: aumenta la distanza tra occupati maschi e femmine: una differenza di circa il 20%. Mentre l’occupazione maschile è in crescita al 67%, quella femminile è in calo al 48,1%: «C’è un gran lavoro da fare», ha detto Camusso.
Molte le adesioni e le idee per lo sciopero globale dietro lo slogan Lotto marzo. In molte città vi saranno cortei, in altre si organizzeranno piazze tematiche e iniziative di lotta: in nero e fucsia, colori per riconoscersi. «Lo sciopero – scrive il movimento – si rivolge principalmente alle donne, ma ha più forza se innesca un supporto mutualistico con gli altri lavoratori, le reti relazionali e sociali, chi assume come prioritaria questa lotta». L’intenzione è quella di «trovare soluzioni condivise e collettive» com’è avvenuto in Polonia dove molti uomini, «mariti, compagni, padri, fidanzati, fratelli, nonni, amici, hanno svolto un lavoro di supplenza nelle attività normalmente espletate dalle donne».
Previste anche molte iniziative contro gabbie e confini, contro carceri e Cie. E striscioni calati giù dai cavalcavia, per dire: «Ponti, non frontiere».